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Mao Valpiana Blog

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Archivi Mensili: marzo 2011

Disarmo e Nonviolenza, sono le vere alternative alla guerra

29 martedì Mar 2011

Posted by maovalpiana in Nonviolenza

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Movimento Nonviolento, nonviolenza

Adesione del MOVIMENTO NONVIOLENTO alla manifestazione nazionale del 2 aprile

“L’Italia ripudia la guerra” impone la nostra Costituzione. E la ripudia non solo “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, ma anche come “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Ma oggi per due volte viene calpestato l’art. 11. Facendo la guerra, come sta accadendo. Consentendo che ciò avvenga, attraverso la preparazione alla guerra come unico “mezzo” per “risolvere” le controversie.

La Costituzione si calpesta sia quando le armi sparano, sia quando si riempiono gli arsenali ignorando volutamente l’esistenza di “mezzi” alternativi, coerenti con il ripudio. Anzi, le armi sparano proprio perchè prima si è scelto di riempire gli arsenali e non si è preparato nessun altro “mezzo” di intervento.

Se nessuno sembra accorgersi di questo, ma si continua a strapparsi le vesti solo quando i cacciabombardieri partono, il movimento per la pace deve far sentire con vigore la propria voce.

Ma non basta la denuncia. Il movimento per la pace ha la responsabilità di indicare le due fondamentali alternative:

1. il disarmo, ossia svuotare gli arsenali, rinunciare al nucleare – civile e militare – superare l’esercito;

2. con le risorse risparmiate, costituire e preparare “mezzi” nonviolenti – cioè costituzionali – di “risoluzione delle controversie internazionali”.

Ciò significa uscire dal paradigma arcaico “se vuoi la pace prepara la guerra” ed entrare finalmente nella civiltà fondata sul paradigma nuovo “se vuoi la pace prepara la pace”.

Il nostro Paese viene trascinato in una nuova ed ennesima guerra – pur in nome di una richiesta di intervento pervenuta dalle vittime di un dittatore. Un dittatore fino a ieri coccolato, ingrassato di armi e pagato per fare l’aguzzino dei migranti, per conto delle stesse potenze che oggi gli muovono contro.

Facciamo in modo che questa ennesima guerra che non riusciamo ad impedire, ci dia almeno la forza per porre all’ordine del giorno della politica la costruzione delle sue alternative. Per questo saremo a Roma il 2 aprile. Per questo stiamo preparando il 50° anniversario della prima Marcia per la pace e la riconciliazione dei popoli da Perugia ad Assisi, voluta da Aldo Capitini. Oggi, come mezzo secolo fa, non il sogno dell’utopia ma il bi/sogno del realismo ci fa dire con Capitini che “la nonviolenza è il varco attuale della storia”

Movimento Nonviolento

DIGIUNO per Libia e Giappone, per opporsi alla guerra e al nucleare

25 venerdì Mar 2011

Posted by maovalpiana in Nonviolenza

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Giappone, guerra, Libia, Movimento Nonviolento, nonviolenza, nucleare

Il Movimento Nonviolento attua e propone un’azione nonviolenta per opporsi alla guerra e al nucleare.
Un digiuno del cibo e della parola.

UN’AZIONE NONVIOLENTA PER OPPORSI  ALLA GUERRA E AL NUCLEARE

Libia e Giappone, militare e nucleare, sono due facce della stessa moneta.

Si fa la guerra, contro l’umanità e contro la natura,  per il potere energetico, per  lo sviluppo infinito dei consumi. Quello che sta accadendo, in Giappone come in Libia, è un segnale di allarme che dobbiamo cogliere. Tutti dicono che le cose vanno sempre peggio, che così non si può andare avanti. Ci vuole un cambiamento.

Pace tra le persone e con la natura, di questo ha bisogno il mondo.

Noi del Movimento Nonviolento vogliamo iniziare con un’assunzione di responsabilità. Mettiamo in campo un’iniziativa  simbolica, ma concreta.

Un digiuno del cibo e della parola, un’azione semplice ma incisiva – se non altro su noi stessi – per riflettere sulla necessità di rifiutare la violenza per scegliere la strada della nonviolenza.

Rinunciare a mangiare è anche un modo per condividere le tante sofferenza e la fame che porta la guerra. Rimanere in silenzio è anche un modo per evidenziare quanta violenza c’è nella parole di menzogna (la prima vittima della guerra è la verità): “operazione umanitaria” per nascondere che è una guerra; “nucleare sicuro e pulito” per nascondere i rischi e i costi dell’energia atomica.

Iniziamo con un digiuno collettivo di 48 ore, sapendo che la nonviolenza è contagiosa e altre azioni nonviolente seguiranno nei giorni successivi. Vogliamo con questo dare l’avvio ad un modo nuovo di “stare in piazza” e di concepire la politica.

Sappiamo bene che la guerra non si ferma con i digiuni. Vogliamo però richiamare l’attenzione sulla necessità di prevenire la prossima, contrastando eserciti e armi che la renderanno possibile, e lavorando per costruire gli strumenti utili per veri interventi umanitari di pace.

Domenica e lunedì 27 e 28 marzo, in molte città d’Italia (Verona, Trento, Venezia, Ferrara, Livorno, Genova, Brescia, Torino, ecc.) gli amici e le amiche della nonviolenza staranno senza cibo e senza parole per:

– opporsi alla guerra (e alla sua preparazione)
– opporsi al nucleare (votare SI’ al referendum)
– sostenere i Corpi Civili di Pace (veri strumenti di intervento umanitario)
– sostenere le energie rinnovabili (sole, vento, acqua sono doni gratuiti della natura)
– proporre una seria riflessione sulla nonviolenza, che è la forza della verità.

Movimento Nonviolento
via Spagna, 8 – 37123 Verona
Tel. 045 8009803

Chi desidera partecipare e proseguire questa azione nonviolenta, singolarmente o in gruppo, nei modi e nei tempi che vorrà, lo può comunicare a:

azionenonviolenta@sis.it

i nominativi e il calendario saranno diffusi tramite il nostro sito www.nonviolenti.org e nella pagina facebook del Movimento Nonviolento.

A chi pensa invece che questa proposta sia un’ingenuità, o che non serva a niente, proponiamo di provare, per un giorno solo, e capirà quanto costa fatica e quanto fa bene la nonviolenza.

Gandhi durante un digiuno nel 1920, con la piccola Indira

Intervista a Mao Valpiana su intervento in Libia

23 mercoledì Mar 2011

Posted by maovalpiana in Nonviolenza

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Libia, Movimento Nonviolento, nonviolenza

Intervista rilasciata a Radio Radicale

http://www.radioradicale.it/scheda/323811/intervista-a-mao-valpiana-su-intervento-in-libia

durata 27′ 50″

http://maovalpiana.it/doc/mao_libia.mp3
Licenza Creative Commons
Il materiale contenuto in questa scheda è rilasciato con licenza Creative Commons Attribution 2.5 Italy

LIBIA, cosa dice (e cosa fa) il Movimento Nonviolento

21 lunedì Mar 2011

Posted by maovalpiana in Nonviolenza

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Libia, Movimento Nonviolento

La prima fondamentale direttrice d’azione del Movimento Nonviolento è l’opposizione integrale alla guerra

“Noi dobbiamo dire no alla guerra ed essere duri come pietre”
(Aldo Capitini)

“Meglio un anno di negoziati che un giorno di guerra”
(Alexander Langer)

Sul perché condanniamo l’intervento, non firmiamo appelli, cerchiamo di capire e lavoriamo per fare della Marcia Perugia-Assisi un’occasione di crescita nonviolenta per tutto il movimento pacifista.

Difendere le vittime inermi è doveroso. Quando qualcuno interviene per tutelare i diritti umani e salvare una vita, è una buona notizia. Da quando il samaritano ha soccorso il poveretto incappato nei briganti sulla strada di Gerico, è sempre stato così.

Era dovere della comunità internazionale mobilitarsi per impedire che a Bengasi potesse avvenire un massacro (nel 1996 l’Europa si macchiò di  “omissione di soccorso” quando non fece nulla per impedire il genocidio a Srebrenica).

L’obiettivo delle due risoluzioni dell’Onu (n. 1970 e 1973) sulla crisi libica  è quello di proteggere i civili, gli insediamenti urbani e garantire assistenza umanitaria. L’uso della forza viene invocato per limitare i danni che già sono in corso sul campo, affermando il chiaro rifiuto dell’opzione di occupazione militare straniera, la priorità del cessate il fuoco e della soluzione politica, il rafforzamento dell’embargo militare e commerciale, il riconoscimento del ruolo prioritario della Unione Africana, della Lega Araba, della Conferenza Islamica.

Ci sono però due cattive notizie. La prima è il ritardo spaventoso (e l’ambiguità) con cui si è mossa la diplomazia degli stati, e la seconda è che l’Onu non dispone di una forza di polizia internazionale permanente ma deve affidarsi, di volta in volta, agli eserciti degli stati membri (articoli 43-49 della Carta della Nazioni Unite, in questo caso Francia, Inghilterra, Stati Uniti).

Quando la parola passa dalla diplomazia alle armi, succede che le operazioni militari si trasformano subito in guerra. E’ quello che sta accadendo in Libia. Gli strumenti utilizzati (bombardieri, caccia, tornado, missili, incrociatori, portaerei, sommergibili, ecc.) sono quelli tradizionali della guerra, gli unici disponibili, pronti, efficienti. Come nei Balcani, come in Iraq, come in Afganistan, viene messa in campo solo l’opzione militare, l’unica che è stata adeguatamente preparata e finanziata. Una cosa è certa: non sarà con un’altra guerra che la democrazia  potrà affermarsi nel mondo arabo.

Appelli che cadono nel vuoto

Subito dopo l’annuncio del primo raid aereo, hanno iniziato a circolare in “rete” gli appelli pacifisti. Ci sono quelli “senza se e senza ma” che dicono: “non ci può essere guerra in nome dei diritti umani”; e quelli “realisti” che dicono: “l’uso della forza serve ad impedire ulteriori massacri”.

Noi non firmiamo appelli che non contemplino una precedente opzione per la nonviolenza costruttiva, né convochiamo mobilitazioni che si limitino a proteste e condanne di ciò che è già avvenuto. Non basta mettere a verbale il nostro “no” alla guerra. Certo, meglio che niente, ma bisogna aggiungere una parola in più: quando la guerra inizia nessuno riesce a fermarla; bisogna prevenirla una guerra, affinché non avvenga. Lo si può fare solo non collaborando in nessun modo alla sua preparazione.

Quando la prima bomba è stata sganciata, ormai lo sappiamo bene, a nulla serve dire “basta”, essa cadrà e molte altre ne seguiranno. La guerra, una volta accettata, conduce a tali delitti e tali stragi che è assurdo pensare di farla e contenerla. Come in un terremoto, l’unica possibilità – se non si sono adottate serie misure antisismiche – è il “si salvi chi può”. Poi, i sopravvissuti dovranno pensare alla prevenzione per rendere innocuo il terremoto successivo. Ma troppo spesso capita che, passata la prima paura, se ne dimenticano e anche il prossimo terremoto li coglierà impreparati.

Il limite di molti appelli è quello di rivolgersi ai governi e alle istituzioni per chiedere a loro di fare la pace. C’è un’inscindibile correlazione fra mezzi e fini: come possiamo aspettarci scelte di pace da governi (compreso quello italiano) che mantengono gli eserciti e le loro strutture, che finanziano missioni militari, che aumentano le spese belliche, che accettano il traffico legale e illegale di armi? Chiediamo ai governi di ridurre le spese militari, e regolarmente, finanziaria dopo finanziaria, queste spese aumentano esponenzialmente. Insistere in quest’errore di ingenuità diventa una colpa. La pace non verrà dai governi che utilizzano lo strumento militare, ma potrà venire solo dai popoli che rifiuteranno di collaborare con essi.

E’ a noi stessi, dunque, che dobbiamo rivolgere gli appelli per la pace.

Distinguere la violenza dalla forza

Per uscire dall’apparente contraddizione fra chi è sempre, e comunque, contro la guerra e chi è favorevole, a volte, ad azioni anche armate, bisogna saper vedere la differenza che c’è tra la violenza e la forza; tra la polizia internazionale e l’esercito. Gli amici della nonviolenza sono sempre stati favorevoli al Diritto e alla Polizia, due istituzioni che servono a garantire i deboli dai soprusi dei violenti. E’ per questo che da anni sono impegnati, a partire dalle iniziative europee di Alexander Langer, per lo studio, la ricerca, la sperimentazione e l’istituzione di Corpi Civili di Pace. Gli amici della nonviolenza chiedono la diminuzione dei bilanci militari e il sostegno finanziario alla creazione di una polizia internazionale, anche armata, che intervenga nei conflitti a tutela della parti lese, per disarmare l’aggressore e ristabilire pace e diritto. Contemporaneamente al sostegno di questi progetti, gli amici della nonviolenza sono contro la preparazione della guerra (qualsiasi guerra: di attacco, di difesa, umanitaria, chirurgica o preventiva), contro il commercio delle armi, contro gli eserciti nazionali, contro i bilanci militari e lo fanno anche con le varie forme di obiezione di coscienza. La proposta politica dei nonviolenti è quella di uno stato che rinunci al proprio esercito nazionale, e si impegni a fornire mezzi, finanziamenti e personale per la polizia internazionale di cui si dovrà dotare l’Onu.

La diplomazia la fanno i governi, ma la nonviolenza la fanno i popoli.

Le responsabilità di Gheddafi e dell’Europa

Dobbiamo perciò perseguire con sempre maggiore decisione la strada della distanza da qualsiasi regime che violi i diritti umani e democratici, denunciando con forza le responsabilità dei nostri governi e del loro servilismo davanti a un personaggio come Gheddafi (e al suo gas e petrolio) che per oltre 40 anni ha occupato la scena con politiche che hanno sponsorizzato ogni tipo di violazione di qualsivoglia diritto, ha nutrito le guerre e le destabilizzazioni che hanno martoriato un buon numero di paesi africani dal Ciad, al Niger, al Burkina Faso, alle sanguinarie guerre di Liberia, Sierra Leone e del Darfur, finanziando le milizie armate. I mercenari al soldo di Gheddafi sono il frutto delle diaspore di oltre 40 anni di destabilizzazione, sono persone che non hanno nulla da perdere. Lo sbocco per tanti giovani del continente africano, ovvero l’emigrazione, è stata messo dall’Europa sotto la custodia interessata di Gheddafi e della sua polizia che taglieggia, stupra, ricatta, vende e rivende i poveracci che speravano di trovare una via di salvezza al di là del Mediterraneo. Sono migliaia e migliaia i profughi dimenticati del Bangladesh che fuggono dalla Libia verso la Tunisia, nella speranza di un viaggio della disperazione verso casa.

Per questi disperati i governi europei non si sono mossi. Così come è passata del tutto inosservata la feroce repressione da parte delle forze armate saudite del movimento che chiedeva libertà e democrazia nel Bahrain (arcipelago del Golfo persico fra l’Arabia Saudita e il Qatar).

Per la pace e la fratellanza fra i popoli Agitarsi, lamentarsi, angosciarsi, non serve. La prima risposta, immediata, che possiamo
dare è quella di offrire soccorso concreto alle vittime, e poi di un rafforzato impegno per
sostenere la nonviolenza organizzata. Fra sei mesi si svolgerà la Marcia Perugia-Assisi, nel cinquantesimo anniversario della prima edizione, quella pensata ed organizzata
da Aldo Capitini. All’indomani della Marcia del 24 settembre 1961 lo stesso Capitini
volle dare vita al “Movimento Nonviolento per la pace”, per avere a disposizione uno
strumento utile al proseguimento delle istanze emerse dalla Marcia stessa e al lavoro
“per l’esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della
vita sociale, al livello locale, nazionale e internazionale
”. Al primo punto del programma del Movimento, Capitini indicò “l’opposizione integrale
alla guerra
”. Dopo cinquant’anni il cammino deve ripassare da lì. Per questo abbiamo
assunto l’impegno, come Movimento Nonviolento, di promuovere questa Marcia,
che deve essere l’occasione per “mostrare che la nonviolenza è attiva e in avanti,
è critica dei mali esistenti, tende a suscitare larghe solidarietà e decise noncollaborazioni,
è chiara e razionale nel disegnare le linee di ciò che si deve fare nell’attuale difficile
momento
”. E poi “pronto, dopo la Marcia, a lavorare ad un Movimento nonviolento
per la pace
”. Sono parole di Capitini di straordinaria attualità, pronunciate nel 1961
(mentre la guerra infiammava il Vietnam e il Congo), valide per il 2011
(mentre la guerra infiamma l’Afganistan e la Libia).

L’appuntamento è per il prossimo 25 settembre alla Marcia Perugia-Assisi per la pace e la fratellanza fra i popoli. Vogliamo che sia “un’assemblea itinerante”, il momento conclusivo di una discussione/mobilitazione che avviamo da subito. Un passo che ciascuno può  fare contro la guerra e per la nonviolenza.

Movimento Nonviolento

www.nonviolenti.org

Verona, 21 marzo 2011

Movimento Nonviolento
Via Spagna, 8
37123 Verona (Italy)

Tel. 045 8009803
Fax. 045 8009212

4 idee sul Nucleare

15 martedì Mar 2011

Posted by maovalpiana in Uncategorized

≈ 1 Commento

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nucleare no grazie!

sono uno sciacallo verde, ma i conti li so fare.

La tragica realtà ci impone di discutere di nucleare, a pochi mesi dal referendum.

Il governo italiano vuole “tirare dritto”, ma noi del popolino vogliamo vederci chiaro.

1) Le centrali nucleari forniscono energia elettrica. In Italia non ne abbiamo bisogno: negli ultimi anni la potenza installata è aumentata, mentre la domanda è diminuita: la domanda è di circa 60 GW (gigawatt). La potenza elettrica installata in Italia all’inizio 2010 è pari a 94 GW. Quindi non c’è nessun bisogno reale di nuova energia elettrica (per trasporti e riscaldamento usiamo petrolio o gas).

2) Si dice che le centrali nucleari ci garantiranno l’indipendenza energetica. Falso. Le centrali utilizzano come combustibile l’uranio. Le principali miniere di uranio sono in Australia e in Africa, oggi sotto controllo cinese, o in Ucraina, Uzbekistan, Kazakistan, oggi sotto controllo russo. Quindi il nucleare è una fonte che crea dipendenza da Cina o da Russia.

3) Ma quanto costa l’energia prodotta dalle centrali? Troppo. Il costo Kwh (kilowatt/ora) del nucleare è maggiore di  quello di ogni altra fonte (i costi ufficiali in centesimi di dollaro sono: nucleare: 10,2 – eolico: 9,9 – carbone: 9,8 – gas: 8,2 ), questo perchè oltre agli investimenti per la costruzione di una centrale, bisogna calcolare anche il costo di smantellamento, che può persino raddoppiare.

4) Il governo italiano ha previsto 4 nuove centrali nucleari, con un costo di 30 miliardi di euro. Queste 4 centrali, se tutto va bene, entrerebbero in funzione fra 15/20 anni, e produrrebbero il 5% dell’energia nazionale. E’ del tutto evidente la sproporzione tra investimento e risultato. Il 5% è quanto si può ottenere da subito con una seria politica di risparmio e di efficienza degli impianti già esistenti.

Bastano queste 4 cifre per dimostrare che il nucleare in Italia non ha senso e serve solo ad assicurare affari ad un ristretta lobby. A questo aggiungiamo che il governo propone il nucleare senza aver presentato al paese un serio piano energetico (fabbisogno, previsioni, consumi, costi, ecc.) e che il problema delle scorie radioattive non è ancora stato risolto.

La conclusione è semplice, ed è la stessa di tanti anni fa: Energia nucleare? No, grazie.

Mao Valpiana

un’idea verde
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