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Ho l’onore di essere stato, nel 1990, uno degli estensori e firmatari, con Alberto Tomiolo e Giorgio Bragaja, della Legge istitutiva del Parco naturale Regionale della Lessinia, ed in tale veste mi sento pienamente coinvolto nelle polemiche di queste settimane sulla presenza dei lupi nelle nostre montagne.

Triste destino quello del lupo. E’ un animale che segue il suo istinto di predatore carnivoro, utilissimo nel mantenimento della biodiversità e della funzione degli ecosistemi, ma nell’immaginario collettivo viene raffigurato come il nemico numero uno, da uccidere.

Le nostre fiabe gli fanno fare sempre una brutta fine. In Cappuccetto rosso viene squartato dal cacciatore; nei Tre porcellini finisce nella pentola di acqua bollente. Nella favole di Fedro ed Esopo il lupo è un protagonista negativo.

C’è una sola leggenda che fa eccezione: quella raccontata nei Fioretti di San Francesco. L’incontro tra il frate di Assisi e il lupo è memorabile e ci offre indicazioni utili. Francesco gli si avvicina disarmato, fiducioso; l’animale selvatico, che aveva impaurito gli abitanti di Gubbio, lo sta ad ascoltare. Poi si accordano: gli eugubini gli avrebbero fornito cibo ogni giorno, e lui in cambio sarebbe rimasto nei boschi del monte Subasio (oggi area naturale protetta) senza più avvicinarsi al paese. E così avvenne: “fratello lupo” fu sfamato dagli uomini e morì mansueto di vecchiaia.Pienza_SF_PB200102b

C’è un grande insegnamento in questo racconto. Per convivere con il lupo bisogna conoscerlo da vicino, ed il lupo si tiene a distanza dagli uomini e dalle lore attività se nel proprio habitat naturale trova cibo sufficiente per sopravvivere.

In Lessinia manca un vero equilibrio naturale. Il lupo è arrivato in un ambiente molto antropizzato, ricco di bestiame da allevamento, ma povero di fauna selvatica. I lupi, come tutti i predatori, si spostano dove trovano cibo. La mancanza di prede selvatiche li spinge verso i bovini al pascolo.

La soluzione, per rispettare sia le giuste esigenze e preoccupazioni degli allevatori, sia la presenza spontanea del lupo, sta nel ricreare un equilibrio uomini/animali, condizione necessaria per una comune convivenza compatibile. L’impronta ecologica del lupo (cioè il suo impatto sull’ambiente) è molto meno pesante dell’uso della chimica in agricoltura o delle deiezioni degli allevamenti.

Le attività agricole e pastorizie, artigianali e turistiche, sono elementi vitali del Parco; tanto quanto la presenza di flora e fauna selvatica (lupi, volpi, rapaci, ungulati, ecc.). Bisogna trovare il giusto equilibrio, come hanno saputo fare in molte parti del mondo, dove la presenza del lupo non costituisce un pericolo. Se il lupo lo cacciamo dalla Lessinia (con le delibere o i fucili) otterremo solo un ulteriore impoverimento del territorio, riducendone la biodiversità che è una ricchezza.

In questa vicenda ci vogliono buon senso e conoscenze scientifiche. Se si pensa di affrontarla con le armi, si è già sbagliato in partenza e si creeranno ulteriori danni.

Anche verso il lupo è possibile applicare la nonviolenza (cioè agire con prudenza, sapienza, saggezza, intelligenza, conoscenza e coscienza) per accettare la sua presenza senza danneggiare quella degli umani e del loro lavoro. Viceversa se usiamo violenza verso la natura, facciamo del male anche a noi stessi. Imparare a “parlare con il lupo”, come ha fatto Francesco (cioè capire il suo linguaggio, i suoi segnali), è una metafora che, se sapremo applicarla, darà buoni frutti per tutta la Lessinia, territorio splendido ma delicato e fragile. Ecologia ed economia hanno la stessa radice.