Sulle questioni ambientali abbiamo visto spesso i nostri territori trasformarsi in luoghi di scontro a causa di scelte distruttive ed inquinanti imposte dall’alto (discariche, cave, centrali nucleari, gassificatori, inceneritori, grandi opere, ecc.): siti militarizzati, cittadini trattati come facinorosi anche se chiedevano solo di potersi esprimere sul futuro delle loro vite.
Opportunamente la Corte costituzionale ha demolito alcune parti delle Leggi obiettivo e dello “Sblocca Italia” rivelando che i teppisti non erano i cittadini, ma i governi che hanno agito fuori dal dettato costituzionale. L’Italia ha riprodotto lo scenario globale nel quale l’attacco alla democrazia avviene attraverso il saccheggio ambientale in nome della “crescita” di pochi contro i diritti di tutti.
Abbiamo toccato con mano l’arretratezza italiana rispetto alle normative europee che, invece, vogliono il governo partecipato del territorio. La riforma costituzionale avrebbe potuto essere un’occasione storica: innovare le nostre istituzioni e avvicinarci al diritto ambientale europeo. Ma si è scelta la strada opposta: nel nuovo testo l’ambiente diventa una mera enunciazione.
1. La riscrittura delle competenze tra potere centrale e periferico non viene semplifica ma, al contrario, introduce ingessature che rischiano di paralizzare l’amministrazione. Secondo il nuovo Titolo V, infatti, lo Stato dovrebbe definire le “disposizioni generali e comuni” e alle Regioni spetterebbero le “disposizioni non generali e non comuni”. Sarà quindi di nuovo la Corte costituzionale a doversi pronunciare su cosa è “generale e comune” e cosa non lo è. Ma, a differenza della norma vigente, le Regioni non potranno più legiferare su materie tipicamente locali, come la gestione dell’ambiente e non potranno più sopperire (come hanno fatto in questi anni) ai cronici ritardi della legislazione nazionale. Per rispondere ai bisogni dei loro territori dovranno attendere che arrivino dall’alto le “disposizioni generali e comuni”.
2. Attraverso la “clausola di supremazia” il potere centrale può imporre alle comunità locali qualsiasi tipo di decisione in nome di un non meglio precisato “interesse nazionale”. In questo modo lo stato avrebbe via libera per autorizzare a piacimento trivellazioni, inceneritori, grandi opere, gassificatori, depositi di scorie, ecc. senza alcuna possibile opposizione da parte dei cittadini attraverso comuni e regioni. Si tratta di un vero e proprio commissariamento dei territori che annienta di fatto il principio costituzionale di autonomia e decentramento, sancito all’articolo 5 della prima parte della Costituzione vigente.
3. Nella modifica dell’art. 117 la “tutela dell’ambiente” scompare e diventa “governo del territorio”. La difesa dell’ambiente non è più un dovere costituzionale della Repubblica. Gli articoli 9 (Tutela del paesaggio) e 32 (Tutela della salute) della Costituzione, vengono di fatto svuotati.
In buona sostanza, i contenuti eversivi e antidemocratici dello “Sblocca Italia” sanzionati dalla Corte costituzionale vengono reintrodotti nel nuovo testo costituzionale. E’ una vera e propria controriforma in controtendenza rispetto al diritto comunitario che, invece, vuole la piena informazione e partecipazione – di cittadini e comunità locali – nelle scelte ambientali e di governo del territorio. Il nuovo Titolo V espone l’Italia a un conflitto permanente e strutturale con l’Unione europea e i suoi trattati fondativi: da una parte il diritto europeo che si muove verso sostenibilità e partecipazione, dall’altra parte la nuova costituzione italiana che piega tutela ambientale e democrazia a vecchie logiche che vorrebbero L’Italia come terra di conquista per cementificatori, speculatori finanziari, banchieri, petrolieri che, non a caso, sostengono compatti la “riforma”.
Noi votiamo NO:
Mao Valpiana, ecologista nonviolento; Susanna Morgante, medico, ambientalista, ex dirigente Ulss Verona; Giuseppe Campagnari, socio fondatore Legambiente Verona; Vincenzo Genovese, gruppo di lavoro rifiuti zero; Rinaldo Zivelonghi, circolo “fagiani nel mondo” Legambiente Verona; Lorenzo Albi, ambientalista, urbanista; Raffaello Boni, Legambiente Baldo-Garda; Gianni Tamino, biologo.