Non è colpa del destino o del clima. Ci sono responsabilità ben precise. Ci sono state scelte politiche sbagliate e finanziamenti che alcuni hanno voluto e a cui altri si sono opposti. Fare l’elenco dei politici (tanti) che hanno condannato Venezia, e di quelli (pochi) che l’hanno difesa, è facile. Basta andare a controllare le delibere del Consiglio Comunale di Venezia e le Leggi del Consiglio Regionale del Veneto, degli ultimi 30 anni, quelle riguardanti il Consorzio Venezia Nuova, e vedere chi e come ha votato.
Su questo ho la coscienza a posto: quando ero sui banchi della Regione, con Alberto Tomiolo (unici due verdi inascoltati da democristiani, socialisti, comunisti e protoleghisti) ci siamo sempre opposti alla politica vincente e consociativa di chi preparava l’assalto ai finanziamenti speciali per Venezia. Solo pochi ambientalisti, ecologisti, docenti e professionisti iluminati, indicavano strade diverse, spesso derisi o bollati come utopisti.
Il Mose è stato un abbaglio: non funziona, non funzionerà e ha assorbito e dilapidato risorse immense, togliendole alla possibilità di soluzioni efficaci per la salvaguardia di Venezia e dei suoi delicati equilibri.
Gli errori vengono da lontano, dallo scavo del Canale dei Petroli alle casse di colmata, che hanno modificato l’ecosistema idrogeologico della Laguna; poi la mancata manutenzione di pulizia dei canali che era stata fatta per un millennio, il moto ondoso e la trasformazione della città da luogo reale di lavoro e residenza a fragile palcoscenico per un turismo sempre più invadente e pesante, hanno fatto il resto.
C’è anche una responsabilità diretta dei veneziani (non tutti, ma la maggior parte) e dei rappresentanti politici che si sono scelti, che hanno svenduto la città e il suo patrimonio a capitali esterni, per un profitto immediato e facile. Ora si sono accorti di non possedere più il proprio tessuto urbano, di averlo frantumato, alienato a società esterne, ma è troppo tardi.
Venezia non è più dei veneziani.
La salvezza della città più bella del mondo non verrà da soluzioni tecnologiche complesse, fantascientifiche; non saranno progetti megalomani come il Mose a fermare le acque. Venezia vive in simbiosi con le maree che entrano ed escono dalla laguna. Interrare i canali commerciali scavati negli anni 50 e 60, e alzare l’intera città, costruita su milioni di pali, sarebbero le soluzioni necessarie per restituire Venezia alla sua storia.
L’antica sapienza di regolazione delle acque e di edificazione sul fango, è ancora la strada maestra per far risorgere la città Serenissima.
PS: Ho trascorso 8 anni nell’Aula consiliare di Palazzo Ferro Fini, votando contro ai mega-progetti come il Mose o Expo, che pianificavano la morte di Venezia, e proponendo una visione armonica urbanistica e naturale per la città e la laguna.
Ho vissuto e amato quella città di “tera e aqua”.
Vedere l’Aula allagata (foto) fa male, in essa è annegata la buona politica.
Nel 2020 i veneti avrebbero modo, se lo volessero, di riparare: bisognerebbe che togliessero il consenso a chi ha messo a sacco la Città. Dopo la tragedia di ieri, lo faranno, o presto se ne dimenticheranno, tornando al consueto desiderio de far schei?