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Manifestare per la pace: dove, quando, come. Perché oggi non andrò al sit-in contro Mosca

13 giovedì Ott 2022

Posted by maovalpiana in Nonviolenza

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Tag

Difesa, Gandhi, guerra, nonviolenza, pace, Russia, Ucraina

“Perché non partecipi alla manifestazione davanti all’ambasciata russa?”. Me lo sono sentito domandare più volte in questi giorni. Risposta numero uno: perché la condanna dell’aggressore l’ho già espressa dal 24 febbraio (anzi, dal 2014 in poi quando altri rifornivano di armi la Russia di Putin e noi denunciavamo la violazione dell’embargo da parte del governo italiano: andate a vedere chi c’era a Palazzo Chigi). Risposta numero due: perché ora è il momento della parte propositiva, cioè parlare a tutti i soggetti da coinvolgere nella realizzazione della Conferenza internazionale di pace.

Risposta numero tre: dovrei andare anche davanti all’ambasciata dell’Iran, della Turchia, dell’Egitto, dell’Afghanistan, e i compagni di manifestazione me li scelgo io: ai partiti che hanno votato tutti i bilanci dell’export militare, preferisco i movimenti e le associazioni che si sono battuti per la pace e per il rispetto dei diritti umani.

Ogni manifestazione è utile, se a favore della pace e contro la guerra; è sacrosanto condannare l’aggressore, ma oggi siamo in una fase politica più avanzata, che richiede proposte di soluzioni utili a fermare il massacro in atto per non vedere altri missili sui civili.

Detto questo, non voglio però esulare dalle domande di fondo che editorialisti e opinionisti stanno rivolgendo in questi giorni al movimento pacifista.

La nonviolenza è compatibile con la partecipazione alla guerra? Certamente no.

L’utilizzo delle armi per difendersi è lecito? Può esserlo, ma a determinate condizioni.

Sta tutta qui la problematica sulla legittimità della difesa di fronte ad un’aggressione.

Che la vittima (Ucraina) abbia diritto alla difesa contro il carnefice (Russia) è fuori discussione.

Il punto è quale tipo di difesa, con quali mezzi, con quale efficacia.

Partiamo dal fatto che ci sono diverse possibilità di difesa; non esiste solo la difesa armata, vi sono anche altre possibilità di resistenza civile, di difesa nonviolenta, di strategie non armate.

La difesa civile, non armata e nonviolenta (storicamente utilizzata in India da Gandhi contro il colonialismo inglese; in Sudafrica da Mandela contro l’apartheid; in Danimarca contro l’occupazione nazista e per la salvezza degli ebrei; in Cile contro la dittatura di Pinochet; in Polonia contro il regime di Jaruzelski; negli Stati Uniti da Martin Luther King per i diritti e contro la guerra in Vietnam) è efficace se adeguatamente preparata e preventivamente organizzata. Come la difesa armata, anche la difesa nonviolenta non si può improvvisare.

I movimenti nonviolenti, in tutto il mondo, lavorano a questo obiettivo comune: diminuire la capacità distruttiva della preparazione alla guerra, ed aumentare la capacità costruttiva della difesa nonviolenta. Questa è la strategia del transarmo: ridurre i flussi di denaro verso l’industria bellica a vantaggio di investimenti nella preparazione di una difesa non militare e nel rafforzamento delle istituzioni democratiche. Meno soldi per le armi, più soldi per la pace.

Ma se questo lavoro preventivo non è stato fatto, e anzi si è puntato tutto sulla difesa armata (come avvenuto in Ucraina che ora vuole entrare nell’alleanza militare della Nato), cosa si può fare quando arrivano i carriarmati dell’invasore? Resta davvero poco spazio per iniziative concrete di difesa civile. Ma se c’è anche un minimo spiraglio, questo va perseguito perché è l’unica possibilità per innescare un processo diverso da quello che prevede la guerra: colpo su colpo, in una spirale che si ferma solo quando una delle due parti viene annientata. E non è detto che a vincere sia sempre chi sta dalla parte giusta, perché la guerra solitamente la vincono i più forti che a volte sono quelli dalla parte sbagliata della storia.

E torno alle due domande iniziali. La nonviolenza gandhiana ci insegna che se l’alternativa è tra violenza e ignavia, è meglio scegliere la prima. Ma chiarisce anche che l’opzione preferibile, sempre possibile e prioritaria, è quella della nonviolenza del forte. Non usa mezzi termini il Mahatma: “Il valore assoluto è la nonviolenza, ma se devi peccare di ignavia di fronte al nemico, allora io ti dico che è meglio che tu prenda un fucile e gli spari in volto”. Il significato è chiarissimo: devi assumerti la responsabilità in prima persona. Non vuoi fare la scelta nonviolenta? Allora vai tu a combattere personalmente: fornire armi perché altri lo facciano al posto tuo è da vigliacchi. Pieno rispetto, dunque, per chi fa la scelta di difendersi con le armi, non spetta a noi giudicare. Ma da nonviolenti dobbiamo considerare la compatibilità dei mezzi (le armi, la guerra), con il fine (la difesa, la pace). Per questo in Ucraina abbiamo portato mezzi e sostegno a chi, pur sotto i missili gettati su Kiev, ha scelto e sta attuando la resistenza passiva, la difesa nonviolenta, come strategia concreta sulla quale costruire la pace giusta di domani.

Quale manifestazione nazionale per la pace?

07 venerdì Ott 2022

Posted by maovalpiana in Nonviolenza, Ricorrenze

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Tag

Movimento Nonviolento, nonviolenza

Una manifestazione di piazza per la pace? Benissimo. Ai leader di partito, politici, associazioni che si agitano e la invocano, suggeriamo di organizzarla con il titolo “Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa”.

La guerra c’è. È guerra mondiale. Le armi sono state costruite e consegnate agli eserciti. I missili sono stati lanciati. Le bombe sono state sganciate. Le città e le case sono state distrutte. I morti si contano a migliaia. Gli ordigni nucleari sono pronti al loro utilizzo.

Bisognava pensarci prima. Questa guerra è in corso e non saranno parole e striscioni a fermarla.

Bisognava lavorare per la pace in tempo di pace, bisognava fare politiche di disarmo anziché votare i bilanci militari. Bisognava non costruire le armi che oggi sparano. Bisognava sostenere le proposte preventive della nonviolenza, unica alternativa alla guerra.

Dopo la seconda guerra mondiale, dopo la caduta del Muro di Berlino, dopo le guerre nel Golfo e nei Balcani, dopo le Torri Gemelle, dopo le guerra in Iraq e in Afghanistan, il tempo c’era per fare vere politiche di pace e disarmo. Ma è stato sprecato.

La strada da percorrere è già tracciata da tanti anni:

– Adesione al Trattato per la messa al bando della armi nucleari
– Approvazione legge istitutiva della Difesa civile non armata e nonviolenta
– Istituzione dei Corpi Civili Europei di pace
– Riduzione spese militari, restrizione sull’export di armi
– Istituto di ricerche sulla pace e risoluzione nonviolenta dei conflitti

Questo è il programma per una politica di pace che abbiano sempre proposto nel nostro calendario delle festività civili, inascoltato dalle istituzioni:

– Ogni 2 giugno, abbiamo chiesto di festeggiare “la Repubblica disarmata che ripudia la guerra”.
– Ogni 4 novembre, abbiamo invocato “Non festa ma lutto” per ricordare l’inutile strage.
– Ogni 25 aprile abbiamo rinnovato: “La Liberazione oggi si chiama disarmo; la Resistenza oggi si chiama Nonviolenza”.

Il movimento pacifista parlava alla politica, ma la politica aveva altre priorità e la pace è rimasta fuori dall’agenda dei partiti e del Palazzo.

La speranza però è ancora viva. Possiamo iniziare a disarmare oggi per costruire la pace di domani.

Se ci sarà un “mea culpa” e un’assunzione di responsabilità collettiva per iniziare concretamente a fare le politiche di pace che non si sono fatte nel passato, ben venga anche la manifestazione di piazza.

Nel frattempo, con la Rete italiana Pace e Disarmo continueremo a lavorare quotidianamente in particolare sostenendo gli obiettori di coscienza, i disertori, i renitenti alla leva, i nonviolenti e i pacifisti in Russia e in Ucraina, come abbiamo fatto con la Carovana di Pace “Stop The War Now”: sono loro che concretamente possono fermare la guerra.

Come facciamo dall’inizio della guerra, saremo presenti tutte le domeniche in Piazza San Pietro all’Angelus con le bandiere della nonviolenza per sostenere il magistero di Papa Francesco che ci ha chiesto di “fare di tutto per fermare la guerra”.

Nei giorni 21, 22, 23 ottobre parteciperemo alla mobilitazione dal basso, in tutte le città in cui siamo presenti, con la rete “Europe for Peace” verso una Conferenza internazionale di pace.

A chi è preoccupato, angosciato, disorientato per il pericolo di una deflagrazione mondiale della guerra in corso, e vuole “fare qualcosa” per fermarla, diciamo che ci rimane una sola strada, quella della nonviolenza: né un uomo né un soldo per la guerra, iniziamo spezzando il nostro fucile.

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