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Quale manifestazione nazionale per la pace?

07 venerdì Ott 2022

Posted by maovalpiana in Nonviolenza, Ricorrenze

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Movimento Nonviolento, nonviolenza

Una manifestazione di piazza per la pace? Benissimo. Ai leader di partito, politici, associazioni che si agitano e la invocano, suggeriamo di organizzarla con il titolo “Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa”.

La guerra c’è. È guerra mondiale. Le armi sono state costruite e consegnate agli eserciti. I missili sono stati lanciati. Le bombe sono state sganciate. Le città e le case sono state distrutte. I morti si contano a migliaia. Gli ordigni nucleari sono pronti al loro utilizzo.

Bisognava pensarci prima. Questa guerra è in corso e non saranno parole e striscioni a fermarla.

Bisognava lavorare per la pace in tempo di pace, bisognava fare politiche di disarmo anziché votare i bilanci militari. Bisognava non costruire le armi che oggi sparano. Bisognava sostenere le proposte preventive della nonviolenza, unica alternativa alla guerra.

Dopo la seconda guerra mondiale, dopo la caduta del Muro di Berlino, dopo le guerre nel Golfo e nei Balcani, dopo le Torri Gemelle, dopo le guerra in Iraq e in Afghanistan, il tempo c’era per fare vere politiche di pace e disarmo. Ma è stato sprecato.

La strada da percorrere è già tracciata da tanti anni:

– Adesione al Trattato per la messa al bando della armi nucleari
– Approvazione legge istitutiva della Difesa civile non armata e nonviolenta
– Istituzione dei Corpi Civili Europei di pace
– Riduzione spese militari, restrizione sull’export di armi
– Istituto di ricerche sulla pace e risoluzione nonviolenta dei conflitti

Questo è il programma per una politica di pace che abbiano sempre proposto nel nostro calendario delle festività civili, inascoltato dalle istituzioni:

– Ogni 2 giugno, abbiamo chiesto di festeggiare “la Repubblica disarmata che ripudia la guerra”.
– Ogni 4 novembre, abbiamo invocato “Non festa ma lutto” per ricordare l’inutile strage.
– Ogni 25 aprile abbiamo rinnovato: “La Liberazione oggi si chiama disarmo; la Resistenza oggi si chiama Nonviolenza”.

Il movimento pacifista parlava alla politica, ma la politica aveva altre priorità e la pace è rimasta fuori dall’agenda dei partiti e del Palazzo.

La speranza però è ancora viva. Possiamo iniziare a disarmare oggi per costruire la pace di domani.

Se ci sarà un “mea culpa” e un’assunzione di responsabilità collettiva per iniziare concretamente a fare le politiche di pace che non si sono fatte nel passato, ben venga anche la manifestazione di piazza.

Nel frattempo, con la Rete italiana Pace e Disarmo continueremo a lavorare quotidianamente in particolare sostenendo gli obiettori di coscienza, i disertori, i renitenti alla leva, i nonviolenti e i pacifisti in Russia e in Ucraina, come abbiamo fatto con la Carovana di Pace “Stop The War Now”: sono loro che concretamente possono fermare la guerra.

Come facciamo dall’inizio della guerra, saremo presenti tutte le domeniche in Piazza San Pietro all’Angelus con le bandiere della nonviolenza per sostenere il magistero di Papa Francesco che ci ha chiesto di “fare di tutto per fermare la guerra”.

Nei giorni 21, 22, 23 ottobre parteciperemo alla mobilitazione dal basso, in tutte le città in cui siamo presenti, con la rete “Europe for Peace” verso una Conferenza internazionale di pace.

A chi è preoccupato, angosciato, disorientato per il pericolo di una deflagrazione mondiale della guerra in corso, e vuole “fare qualcosa” per fermarla, diciamo che ci rimane una sola strada, quella della nonviolenza: né un uomo né un soldo per la guerra, iniziamo spezzando il nostro fucile.

Sul Nobel per la Pace (lato A e lato B)

07 sabato Ott 2017

Posted by maovalpiana in Nonviolenza, Ricorrenze, Uncategorized

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Tag

Gandhi, ICAN, Nobel, nucleare, ONU

La storia del Premio Nobel per la Pace è lunga, controversa e contraddittoria.

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Basti pensare che M.K. Gandhi, sicuramente la figura universalmente riconosciuta come uomo di pace, non ricevette mai il prestigioso Premio. Fu candidato nel 1937 ma venne escluso: la sua campagna per l’indipendenza dell’India era in pieno svolgimento e, per opportunità, il Comitato di Oslo non volle fare uno sgarbo al Regno Unito. Quell’anno infatti fu premiato l’inglese Robert Cecil per la sua “Campagna internazionale per la pace”. Dopo una sospensione del Premio per la Pace di cinque anni, dal 1939 al 1943 a causa del conflitto mondiale, Gandhi fu nuovamente candidato al Nobel nel 1947, ma anche questa volta venne accantonato a causa delle fortissime tensioni per la divisione tra India e Pakistan, e si disse che il Mahatma sarebbe stato identificato con una delle due parti in causa (mentre invece era impegnato anche con il suo ultimo drammatico digiuno per la riconciliazione tra indù e musulmani). Fu assegnato un Premio meno problematico alla “Società religiosa degli Amici”, cioè ai Quaccheri (scegliendo, non a caso, le rappresentanze degli Stati Uniti e del Regno Unito). Ultima candidatura nel 1948, ma ormai Gandhi era morto assassinato e così quell’anno il Nobel per la Pace non venne assegnato “perché non vi è nessun candidato idoneo vivente” (un tributo e un riconoscimento tardivo al Mahatma).

***

Nella lunga vita del Nobel per la Pace, dal 1901 ad oggi, hanno ricevuto il Premio importanti figure della storia della nonviolenza come Bertha von Suttner, Albert Schweitzer, Martin Luther King, Adolfo Pérez Esquivel, Desmond Tutu, Aung San Suu Kyi, Nelson Mandela.

Ma, in contrappeso, vi sono stati anche Premiati per un eccessivo realismo politico, diplomatici e Capi di Stato che non hanno mai messo in discussione il sistema militare che porta alla guerra: Franklin Roosvelt, George Marshall, Henry Kissinger, Barack Obama, l’Unione Europea.

***

Nell’elenco dei Nobel ben otto premi sono stati dedicati alla causa del disarmo: nel 1962 contro i test nucleari; nel 1974 per l’adesione del Giappone al trattato di non proliferazione; nel 1982 ai delegati all’Assemblea generale delle Nazioni Unite sul disarmo; nel 1985 per le Campagne informative sulle conseguenze catastrofiche della guerra atomica; nel 1995 per ridurre il ruolo delle armi nucleari nella politica internazionale; nel 1997 per la campagna contro le mine anti-uomo; nel 2005 per gli sforzi per impedire che l’energia nucleare venga usata per scopi militari; nel 2013 alla campagna per eliminare le armi chimiche. E finalmente nel 2017 si aggiunge ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) con il suo lavoro “per portare l’attenzione alle conseguenze umanitarie catastrofiche di qualunque uso delle armi nucleari e per i suoi straordinari sforzi per ottenere un trattato che metta al bando queste armi”.

***

Non può sfuggire però la contraddizione di altri premiati per la pace, “nuclearisti” nei fatti.

– Il Dalai Lama, premiato nel 1989 “per la contrarietà all’uso della violenza nella lotta del suo popolo per la liberazione del Tibet”, nel 1998 prende posizione a difesa dell’arsenale nucleare indiano con una dichiarazione molto discutibile: “anche l’India ha diritto all’atomica al fine di controbilanciare quella della Cina” (il primo test nucleare indiano fu chiamato Smiling Buddha, Budda sorridente).

– Il presidente Obama, premiato nel 2009 “per i suoi straordinari sforzi per rafforzare la diplomazia internazionale e cooperazione tra i popoli”, non ha partecipato con la sua amministrazione alle Conferenze per la messa al bando delle armi nucleari e sotto la sua presidenza il governo ha approvato una spesa di mille miliardi di dollari per l’ammodernamento dell’arsenale nucleare Usa e la costruzione di nuove armi nucleari più piccole e quindi più utilizzabili.

– L’Unione Europea, premiata nel 2012 perchè “per oltre sei decenni ha contribuito all’avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa” non ha mai messo in discussione le centinaia di bombe sul proprio suolo, oltre 300 in Francia, 215 in Gran Bretagna, a cui bisogna aggiungere le bombe atomiche americane presenti nelle basi europee, 50 solo in Italia.

***

Il Comitato per il Nobel (cinque componenti scelti dal Parlamento norvegese) non è esente da influenze politiche e di opportunità. Sulla sua storia ci sono luci e ombre. Tuttavia, se quest’anno il Premio è stato conferito ad ICAN, significa che si è scelto di voler favorire il processo antinucleare avviato, dando in particolare un segnale a Stati Uniti e Corea del Nord che si stanno confrontando su un terreno troppo pericoloso che non piace all’opinione pubblica mondiale.

Il Premio Nobel 2017 è un incoraggiamento ad una campagna partita dal basso, dalla società civile, che ha raggiunto per la prima volta uno storico accordo a maggioranza dell’Assemblea ONU per mettere al bando le armi nucleari. Il Nobel aiuta certamente a diffondere e rafforzare la campagna, ora impegnata per la ratifica del Trattato da parte degli Stati che ancora non hanno aderito.

“Italia ripensaci” è la campagna che Rete Italiana Disarmo e Senzatomica (le due organizzazioni nazionali aderenti ad ICAN) stanno conducendo per premere sul governo italiano affinchè ratifichi il Trattato (così come ha già fatto il Vaticano). La forza per raggiungere questo obiettivo non verrà dal Nobel ma dalla determinazione di ciascuno di noi a percorrere questa strada.

***

Le cerimonia di consegna del Premio (un milione di euro) che avverrà il 10 dicembre ad Oslo, sarà un momento importante per la crescita generale della consapevolezza che l’umanità deve raggiungere: secondo l’orologio dell’apocalisse del Bollettino degli scienziati atomici, mancano solo due minuti e mezzo alla mezzanotte (è il momento in cui le lancette sono state spostate più in avanti dal 1953 a causa della crescita dei nazionalismi, delle dichiarazioni di Trump sulle armi nucleari, del rischio di una nuova corsa agli armamenti tra Stati Uniti e Russia, dello scetticismo della amministrazione statunitense verso il cambiamento climatico). Le 15.000 testate nucleari presenti nel pianeta sono un pericolo costante, un’ipoteca sul futuro dell’umanità.

Il Nobel non servirà a nulla se non sarà la gente, i popoli, parlamenti e governi a trovare la strada, ognuno a partire da se stesso, di uscita dal nucleare, come passo per un’uscita dalla preparazione della guerra. Il disarmo unilaterale deve iniziare qui ed ora.

IL QUARTO RE MAGIO, ARTABAN

06 venerdì Gen 2017

Posted by maovalpiana in Ricorrenze

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ARTABAN. LA LEGGENDA DEL QUARTO RE.

Un saggio, di nome Artaban, con altri tre magi decide di intraprendere un lungo viaggio, al seguito della cometa, per andare a conoscere e a rendere omaggio al nuovo Salvatore, un Re che gli astri indicavano come Colui che instaurerà un nuovo Regno.
Artaban parte portando con sé tre pietre preziose da donare al Messia: uno zaffiro, un rubino e una perla.
Nel deserto, però, mentre si recava al luogo dove avrebbe intrapreso il viaggio con Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, incontra un uomo, vittima di una aggressione.
Egli sa che fermandosi non potrà arrivare in tempo all’appuntamento con i magi, ma la sua coscienza lo spinge ad avere pietà per quell’uomo, a prestargli assistenza e a fargli dono dello zaffiro.
I tre magi partono quindi senza di lui, ed egli continua da solo il suo cammino, avendo come unica compagna e guida la stella.
Quando finalmente arriva a Betlemme, dove era nato il Re Bambino, assiste alla “strage degli innocenti”. Per aiutare una madre disperata, baratta la vita di uno di quei bambini condannati dal Re Erode, con il rubino.
Anche in questa occasione perde la possibilità di incontrare il Messia, fuggito in Egitto con i genitori, Maria e Giuseppe.
Non sapendo dove trovarlo, chiede aiuto a una vecchia saggia che gli racconta che colui che cerca non è un re, né un ricco signore, ma un uomo umile che vive tra i poveri e gli ammalati, gli umili e i reietti della società, in Galilea.
Artaban riprende la ricerca e trascorre molti anni aiutando i bisognosi alla ricerca del Nazareno.
Quando ormai è già vecchio, giunge in una città, e assistendo alla vendita di una schiava, decide di spendere la sua ultima pietra preziosa per ridarle la libertà.
Proprio in quella città è stato condannato a morte un uomo, accusato di non aver rispettato ili vecchio Potere e di voler portare una nuova Legge, e Artaban assiste alla sua crocifissione.
La stella, che non lo aveva abbandonato, gli rivela che proprio quello è il Messia che lui cercava. Un uomo buono, innocente, torturato e condannato a morte.
Solo tre donne piangono sotto la sua croce.
Così Artaban si ritrova vecchio e senza nulla da offrire al “suo re” morto, e senza più nessuna pietra preziosa da offrire per asciugare le lacrime delle tre donne.
Pensa di aver fallito la sua vita, ma la più giovane delle donne che piangono, Maddalena, le dice: “Tu non hai fallito, tu sei stato il primo a conoscere il Signore, e per tutta la tua vita lo hai adorato e servito, quando hai portato aiuto a coloro che hai incontrato sul tuo cammino. Il Signore Gesù, che hai cercato per trentatré anni diceva ‘In verità vi dico: Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’ ”.
Artaban pianse e sì unì ai pochi che accompagnarono il corpo del Signore nel sepolcro.
Era il quarto Re, ma divenne il primo dei cristiani.

4 aprile 1968-2016. Quando il mondo vide il sogno spezzato di Martin Luther King

04 lunedì Apr 2016

Posted by maovalpiana in Nonviolenza, Ricorrenze, Uncategorized

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Martin Luther King, Mohandas K. Gandhi, nonviolenza

ML King visto da Biani

ML King visto da Biani

Martin Luther King, insieme a Gandhi, è certamente il profeta della nonviolenza più conosciuto al mondo. Ha condotto un movimento che ha scosso le fondamenta degli Stati Uniti, riuscendo a dare dignità al popolo nero e a conquistare, per tutti, diritti, democrazia e pace.

Ha contribuito in modo determinante al movimento contro la guerra del Vietnam. Ha aperto la strada ad una nonviolenza moderna, occidentale, efficace, laica e religiosa. Ci lascia una grande eredità civile, morale, culturale, spirituale.

Il mattino del 28 agosto 1963 duecentocinquantamila persone confluirono a Washington da tutte le parti del Paese. Secondo le stime ufficiali, tra i dimostranti c’erano circa 170mila neri e 80mila bianchi. Il presidente Kennedy stava cercando di far approvare la legge sui diritti civili e aveva sconsigliato di organizzare la grande marcia, poiché temeva che suonasse come un ricatto nei confronti dei delegati. King ribadì: “Di tutte le campagne alle quali io abbia partecipato è sempre stato detto che capitavano al momento sbagliato”. Tuttavia i dirigenti neri fecero di tutto per assicurare che la manifestazione fosse assolutamente pacifica. Duemila poliziotti neri di New York si erano offerti come volontari per il servizio di sicurezza. Joan Baez cantò l’inno del movimento “We shall overcome” e milioni di telespettatori assistettero al corteo, che era lungo chilometri. I dirigenti del movimento per i diritti dei neri lessero le loro rivendicazioni, che avrebbero poi sottoposto alla Casa bianca: leggi efficaci per i diritti civili, finanziamenti federali per i programmi di integrazione, abolizione della segregazione in tutte le scuole pubbliche entro la fine del 1963, riduzione del numero dei delegati per tutti gli Stati che limitavano il diritto al voto dei neri, richiesta di un’edilizia popolare pubblica, iniziative federali contro la sottoccupazione e l’abolizione di posti di lavoro, aumento del minimo salariale. King fu l’ultimo a parlare e pronunciò il famoso discorso I have a dream. “Io ho un sogno: che un giorno sulle colline rosse della Georgia i figli degli schiavi e i figli degli schiavisti di un tempo possano sedere assieme al tavolo della fratellanza. Io ho un sogno: che un giorno persino lo Stato del Mississippi, uno Stato che sta languendo nella foga dell’ingiustizia e dell’oppressione, si trasformi in un’oasi di libertà e giustizia. Io ho un sogno: che un giorno i miei quattro figli potranno vivere in una nazione che non li giudicherà per il colore della loro pelle, ma per il loro carattere“.

Un anno dopo, nell’ottobre 1964, il comitato per l’assegnazione del Nobel scelse Martin Luther King come vincitore del premio per la pace. Con i suoi trentacinque anni King era la persona più giovane a cui fino a quel momento fosse stato conferito il premio. Alla cerimonia ad Oslo, King pronunciò un discorso, che concluse affermando che, quando sarà scritta la storia di quest’epoca, si dovrà rendere un tributo ai tanti “umili figli di Dio“, mai contati né menzionati, le cui sofferenze per la causa della giustizia hanno generato una nuova epoca, “una terra più bella, un popolo migliore e una cultura più nobile“. La cerimonia fu diffusa in eurovisione in tutta l’Europa occidentale. Era la prima volta che la gioventù poteva identificarsi in un premio Nobel, il sogno di King diventava un nuovo simbolo di speranza.

Quattro anni dopo, nel febbraio 1968, a Memphis i netturbini neri erano in sciopero, chiedevano il riconoscimento del loro sindacato, nuovi contratti di lavoro e l’istituzione di un ufficio per le conciliazioni. Il sindaco rifiutò le loro richieste e le autorità comunali dichiararono illegale lo sciopero e fecero intervenire la polizia. Come reazione furono boicottati i negozi dei bianchi, fu organizzato un sit-in davanti al municipio e le chiese dei neri promossero assemblee di protesta. Dopo quattro settimane l’amministrazione cittadina ancora non dava segni di cedimento e allora venne chiamato in aiuto Martin Luther King, la cui presenza doveva essere una motivazione in più per i netturbini in sciopero. Inoltre avrebbe dato rilievo pubblico alla loro lotta. Egli parlò davanti a quindicimila persone, spronando i netturbini a continuare la loro lotta e invitando tutti i neri di Memphis a organizzare uno sciopero generale.

Il 4 aprile King si stava preparando in albergo prima di recarsi ad un comizio indetto per quel giorno. Dopo essersi annodato la cravatta uscì sul balcone. La pallottola di grosso calibro colpì King sotto il labbro, gli spappolò il mento, rimase conficcata nelle vertebre cervicali e gli trapassò il midollo spinale. King è morto all’istante. Aveva sempre saputo che quella sarebbe stata la sua fine. Nel discorso che aveva tenuto la sera prima, aveva detto: “Desidero soltanto compiere la volontà di Dio. Egli mi ha concesso di salire in cima alla montagna. Io ho guardato oltre e ho visto la Terra Promessa. Forse io non arriverò fino là con voi. Ma voglio che voi sappiate, questa notte, che noi insieme, come popolo, giungeremo alla Terra Promessa. Per questo oggi sono felice. No, non mi preoccupa più niente. Non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto l’arrivo del Signore, il suo splendore.”

Nella sua teoria e pratica della nonviolenza Martin Luther King si è ispirato al mahatma Gandhi: “Se l’umanità deve progredire, la figura di Gandhi è imprescindibile”. Per King la forza della nonviolenza era il potere dell’amore: “Ma quando parlo d’amore non parlo di una debole e sentimentale corresponsione. Parlo di quella forza che tutte le grandi religioni hanno considerato come il supremo elemento unificatore della vita. L’amore è in qualche modo la chiave che apre la porta che conduce alla realtà ultima”.

Egli ha avuto due avversari: il razzismo del potere bianco e la violenza delle pantere nere. Ha quindi dovuto impostare sempre una strategia su due fronti e alla fine la sua nonviolenza ha vinto e convinto: “La compassione e la nonviolenza ci aiutano a considerare il punto di vista del nemico, ad ascoltare le sue domande, a conoscere il suo giudizio nei nostri confronti. Giacché dal suo punto di vista possiamo davvero scorgere la fondamentale debolezza della nostra propria condizione, e se siamo maturi possiamo imparare, crescere e trarre profitto dalla saggezza dei fratelli che sono definiti come i nostri avversari”.

La nonviolenza di Martin Luther King ha lasciato un segno indelebile su tutta l’umanità e ci ha insegnato con i fatti che il vero amore fa bene a chi lo fa e a chi lo riceve: “L’approccio nonviolento non cambia subito il cuore dell’oppressore. Agisce prima sui cuori e le anime di coloro che vi si impegnano. Dà loro una nuova dignità; risveglia risorse di forza e coraggio che non sapevano neppure di possedere. Infine raggiunge l’oppressore e scuote la sua coscienza al punto che la riconciliazione diventa una realtà”.

Mao Valpiana

Direttore di “Azione nonviolenta”

Mia intervista su Alexander Langer. Rai Alto Adige Südtirol del 4 luglio 2015

04 sabato Lug 2015

Posted by maovalpiana in Ricorrenze

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Alexander Langer, Greenwich, Rai Alto Adige Südtirol

Brano della trasmissione radiofonica Greenwich del 4-7-2015

http://maovalpiana.it/doc/Greenwich_04-07-15.mp3

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