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Sulla Marcia, dei pregi e dei difetti (ad un mese dalla Perugia-Assisi)

07 mercoledì Nov 2018

Posted by maovalpiana in Nonviolenza, Uncategorized

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Aldo Capitini, Assisi, Movimento Nonviolento, Perugia, Pietro Pinna, Rete della Pace

Ad un mese dalla Perugia-Assisi del 7 ottobre 2018 è bene fare qualche considerazione su come sta proseguendo la nostra marcia …

La grande partecipazione all’iniziativa, nel cinquantesimo anniversario della morte terrena di Aldo Capitini, ideatore e promotore della prima marcia, ha confermato la necessità per il più vasto movimento per la pace di avere luoghi di incontro e azione comuni. La Perugia-Assisi è stata storicamente, proprio grazie alla prima edizione capitiniana del 1961 (che doveva essere un “unicum”) e alla sua ripresa dopo 17 anni, nel 1978 per volere di Pietro Pinna e del Movimento Nonviolento, la vetrina nella quale il pacifismo italiano espone la propria immagine e le proprie proposte al paese. La marcia, infatti, non è la passeggiata per stare bene con gli amici, non è il corteo per contare se si è in tanti, non è la processione per rinnovare una tradizione, ma è il momento, forse unico, in cui l’opinione pubblica può vedere il movimento per la pace riunito, riconoscerlo e valutare la sua capacità di dialogo con la politica e le istituzioni.

La marcia del 2018 non aveva un obiettivo specifico, unitario, definito, una campagna unificante da proporre, e questo è certamente un errore. Gruppi, movimenti, reti, hanno saputo positivamente esprimere le tante iniziative in corso, ma non si è riusciti a parlare con voce unica. E’ stato un coro polifonico, dal quale comunque è emersa una tematica prevalente, riferita all’attualità politica: l’immigrazione. Gli slogan più diffusi erano “ponti, non muri” e “porti aperti, non confini”, a significare che la marcia di fatto ha avuto anche un carattere antigovernativo. Le 70.000 persone partecipanti (questo il numero più vicino alla realtà) hanno saputo esprimere una grandissima energia, una partecipazione vivace e consapevole, arricchita dalla notevole presenza di giovani e giovanissimi; è mancato però il contenitore dove riporre e valorizzare tanta ricchezza; la domanda espressa non ha ancora trovato una risposta in grado di indirizzare e dare sbocco politico.

I due appelli “ufficiali” letti al termine della marcia, non hanno saputo interpretare nemmeno ciò che la marcia aveva comunque espresso, e non hanno saputo dare nessuna indicazione pratica sul “dopo”. L’appello “Nessuno deve essere lasciato solo!” è una dichiarazione di impotenza: “cerchiamo assieme le soluzioni dei problemi che non sono ancora state trovate e intraprendiamo nuove iniziative per attuarle“, concludendo con l’esortazione “Miglioriamo i nostri pensieri!“. L’altro appello “Il manifesto della cura” fornisce indicazioni ancor più vaghi, inafferrabili: “trovare la clorofilla spirituale che tiene alla ricerca delle cose buone con un pensare sensibile e un sentire limpido“. Evidentemente c’è bisogno di ben altro, e per fortuna i marciatori si sono dimostrati molto più avanti della marcia stessa. Dal meeting per la pace che si è svolto nei giorni precedenti la Marcia, a cura della Rete della Pace, sono emerse pratiche, esprienze e progetti che possono andare a costituire quella Agenda della pace di cui tutti i marciatori hanno sentito il bisogno: –taglio delle enormi spese militari -uscita dal programma di acquisto degli F35 -messa al bando delle armi atomiche -riconversione civile dell’industria bellica -stop all’esportazione di armi che creano morte, migrazioni forzate e profughi che fuggono dalle guerre. I progetti per ricostruire una politica di pace e giustizia sono contenuti nella campagna “Un’altra difesa è possibile”: spostamento delle risorse dal bilancio militare alla difesa civile, non armata e nonviolenta, per i corpi civili di pace, la protezione civile, il servizio civile universale, un Istituto di ricerche per il disarmo.

La priorità è convergere sempre di più su obiettivi comuni, riconoscere la necessità di una campagna coordinata, rafforzare una Rete della pace che sappia dare un senso politico unitario al lavoro che tantissimi fanno sui territori. Solo così la prossima Marcia, magari autoconvocata, proprio perchè di tutti e per tutti, avrà un senso.

Mao Valpiana

presidente del Movimento Nonviolento

Verona, 7 novembre 2018

Il Sabotaggio, Erri De Luca, Flavio Tosi … ed io.

20 martedì Ott 2015

Posted by maovalpiana in Uncategorized

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Aldo Capitini, Erri De Luca, Flavio Tosi, Gandhi, Sandro Canestrini, Tav

Sono contento per l’assoluzione di Erri De Luca dall’accusa di “istigazione al sabotaggio”. Per i giudici “il fatto non sussiste”: significa che non vi è stata istigazione, e che viene riconosciuta la libertà di pensiero e di espressione, come vuole la Costituzione.

Invece Flavio Tosi, Sindaco di Verona e capo del nuovo partito “Fare!”, non è d’accordo ed ha affidato il suo commento ad un tweet: «Assolto De Luca: incitare al sabotaggio della Tav non è reato. Così si incita a delinquere ancora. Nessun rispetto per le Forze dell’Ordine!»

Commette vari errori Tosi. Se i giudici hanno assolto, evidentemente non c’è reato, e dunque De Luca non ha incitato a delinquere. Inoltre non c’entra nulla il rispetto per le Forze dell’Ordine, poiché il sabotaggio è diretto alle strutture del TAV (al maschile essendo Treno ad Alta Velocità, e non al femminile come scrive il Sindaco), e non contro la polizia.

Per chiarire ogni possibile equivoco, sarebbe stato meglio se in questi due anni di processo Erri De Luca avesse specificato di riferirsi al “sabotaggio nonviolento”, come ha fatto nell’ultima udienza, citando Gandhi e Mandela.

Ho attuato anch’io un “sabotaggio nonviolento” nel 1991, distendendomi sui binari alla Stazione di Balconi di Pescantina da dove passava un treno che trasportava armi dalla Germania in Iraq, durante la prima guerra del Golfo. Il treno fu fermato ed io venni processato per “blocco ferroviario”. Ai giudici dissi che avevo agito in violazione di una Legge, per obbedienza ad una Legge superiore, quella della Costituzione (l’Italia ripudia la guerra) e quella delle Nazioni Unite (salvare le future generazioni dal flagello della guerra). Fui assolto (grazie all’avvocato Sandro Canestrini).

Nel libro “Le tecniche della nonviolenza” Aldo Capitini, il fondatore del Movimento Nonviolento, ha scritto: “Il sabotaggio è una tecnica della nonviolenza solo quando non vi è nessun rischio per l’esistenza di esseri viventi, particolarmente umani. E’ una delle misure di carattere estremo, quando il danno che viene apportato è superato dal danno che il funzionamento di quel servizio apporta“.
Il danno globale della guerra è certamente maggiore del danno di un treno che viene fermato.
Il danno ecologico delle infrastrutture Tav è certamente maggiore del danno di una rete tagliata.

E’ in base a tutto questo che mi sento legittimato a ricordare al Sindaco che le sentenze vanno rispettate, sempre, anche quando non collimano con il suo pensiero; per di più il pulpito dal quale manda tweet non è dei più accreditati, essendo lui stato condannato per “propaganda di idee razziste” e non avendo mai chiesto scusa per quella sua bravata giovanile quando si è fatto fotografare ridendo sulla lapide finta del procuratore Papalia.
Noi nonviolenti abbiamo sempre portato rispetto alle Forze dell’Ordine, e lui – da Sindaco e capo di partito – dovrebbe portare rispetto alla Magistratura.

Mao Valpiana
Movimento Nonviolento di Verona
Verona, 20 ottobre 2015

La durata è la forma delle cose

28 sabato Dic 2013

Posted by maovalpiana in Nonviolenza, Ricorrenze

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Aldo Capitini, Azione nonviolenta, Movimento Nonviolento

Il primo numero di Azione nonviolenta porta la data del 10 gennaio 1964. Mezzo secolo fa. Venne annunciato come “Numero unico in attesa dell’autorizzazione a periodico mensile del Movimento Nonviolento per la pace – l’abbonamento costerà mille lire”. Il numero era “a cura di Aldo Capitini” e il Comitato di redazione formato da Giuseppe Francone, Pietro Pinna, Luisa Schippa.
L’amministrazione, la redazione e la direzione trovavano sede a Perugia in “via dei Filosofi 33, ultimo piano”, la casa di Capitini. Vale la pena ripassare gli argomenti trattati in quel primo fascicolo: – l’illustrazione delle attività svolte dal Gruppo di azione diretta nonviolenta; – i buddhisti nel Viet-Nam del Sud; – la nonviolenza in azione per una nuova società; – i principi della nonviolenza; l’elenco delle riviste per la pace e la nonviolenza nel mondo; – recensioni di libri e articoli sulla nonviolenza; – una bibliografia gandhiana; – la rubrica delle lettere al direttore.
Vennero anche annunciati i titoli di alcuni articoli che avrebbero trovato pubblicazione nei numeri successivi: – Kennedy; – la lotta dei negri in America; – il neutralismo; – campagne nonviolente in Inghilterra; – svolgimenti del gandhismo; – gli obiettori di coscienza nelle prigioni italiane; – tecniche del metodo nonviolento; – l’educazione alla pace; – nonviolenza e dialogo; – vittorie senza violenza; – la guerra chimica e batteriologica; – la nonviolenza e il diritto; – la lotta nel Sud-Africa.
Da allora in poi Azione nonviolenta ha mantenuto l’impegno con i propri lettori. Sono usciti regolarmente 600 fascicoli, mese dopo mese, anno dopo anno, decennio dopo decennio, rispettando “il programma” che lo stesso Capitini aveva delineato: “Con Azione nonviolenta poniamo un centro di questo lavoro. Esso sarà informativo. Fornendo notizie su tutto ciò che avviene nel mondo con attinenza al metodo nonviolento; sarà teorico, perché esaminerà le ragioni e tutti i problemi, anche i più tormentosi, di questo metodo; sarà pratico-informativo, perché illustrerà via via le tecniche di questo metodo, in modo che diventi palese quanto esse sono ricche e complesse e possono ancora accrescersi infinitamente, perché la nonviolenza è infinita e creativa nel suo sviluppo. Azione nonviolenta riferirà su libri e articoli concernenti la nonviolenza e la pace; manterrà sempre aperto il dibattito con quesiti e risposte. E vuole anche essere fatta da tutti, nel senso che esaminerà volentieri proposte, suggerimenti, articoli che riceverà, come si augura fin da ora di essere aiutata nella diffusione capillare, nella raccolta di abbonamenti e di offerte per le gravi spese.” Ora, dopo cinquant’anni, Azione nonviolenta deve fare i conti con un momento di difficoltà economica (calo degli abbonamenti, crescita dei costi) e quindi di “crisi”. Ma il Movimento Nonviolento, che della rivista è l’Editore, vuole interpretarla come una “crisi di crescita”. Per questo Azione nonviolenta, anziché chiudere, come purtroppo stanno facendo troppe riviste, intende rilanciare, rinnovarsi e raddoppiare. Nel 2014 uscirà sia in versione cartacea (seppur con periodicità allungata) che in versione telematica; avremo dunque due nuove redazioni, che si integreranno per fornire ai lettori aggiornamenti quotidiani nell’edizione in rete e approfondimenti tematici nel fascicolo che i lettori riceveranno a casa. Ai lettori chiediamo solo un po’ di pazienza; per avviare il nuovo processo ci vorrà qualche mese… La scommessa riuscirà solo ed esclusivamente se chi ci legge deciderà di essere protagonista del futuro di Azione nonviolenta, diventandone comproprietario, tramite la quota di abbonamento. È questo il primo passo da compiere subito per rendere possibile il 2014 della nostra rivista.
Il filosofo francese Henri Bergson disse che “la durata è la caratteristica della coscienza”. Durata vuol dire che l’io vive il presente e sta nel presente con la memoria del passato e l’anticipazione del futuro. Passato e futuro possono vivere soltanto in una coscienza che li salda nel presente. Azione nonviolenta è stata la coscienza della nonviolenza organizzata nel nostro paese, assolvendo il doppio compito di essere lo specchio di quanto produce il movimento stesso, e nel contempo proporre iniziative e stimoli. Il nostro passato di cinquant’anni è la garanzia migliore su cui costruire il futuro della nuova rivista.
Azione nonviolenta ora è nelle tue mani…

45 anni fa, il 19 ottobre 1968, moriva Aldo Capitini, un nonviolento aperto, libero, religioso

18 venerdì Ott 2013

Posted by maovalpiana in Nonviolenza, Ricorrenze

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Aldo Capitini, Azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, nonviolenza

Immagine     di Mao Valpiana (*)

 L’ho visto solo nelle poche foto in bianco e nero. Mi ha sempre piacevolmente stupito il contrasto fra quell’aria austera dietro gli occhiali spessi e il suo indomabile spirito giovanile, aperto e innovativo, in perenne ricerca. Aldo Capitini muore il 19 ottobre 1968. Noi ultra cinquantenni di oggi non l’abbiamo conosciuto, eravamo ancora troppo piccoli. Di lui abbiamo sentito parlare solo qualche anno più tardi, ai tempi degli obiettori in carcere, della legge 772, delle prime esperienze di servizio civile. Abbiamo scoperto così che non siamo stati i pionieri ma che qualche decennio prima di noi un professore antifascista già difendeva l’obiezione di coscienza e organizzava le Marce per la pace. Incominciavamo a muovere i primi passi nel campo sociale e politico, e leggere «Teoria della nonviolenza» o «Le tecniche della nonviolenza» ci faceva intuire quanto è vasto l’orizzonte della nonviolenza e ci invogliava a correre in avanti, per vedere un po’ più in là. Molti nostri coetanei preferivano le barricate, sognavano la guerriglia e sceglievano simboli con i fucili. Noi ci siamo affezionati al fucile spezzato che spuntava dalle pagine della rivista «Azione nonviolenta». Ci sentivamo vicini alla voglia “rivoluzionaria” di cambiamento dei tanti movimenti giovanili di sinistra ma ci allontanava quel loro compiacimento della violenza, a volte “dolorosa ma necessaria”, altre volte “levatrice della storia”.

Il percorso culturale e politico di Aldo Capitini, che abbiamo approfondito leggendo i suoi libri, ci sarà di grande aiuto.

Scopriamo che già negli anni ’40, dopo l’esperienza comune del carcere come perseguitati politici, si incrina il rapporto fra Capitini e la sinistra. Lui che vuole realizzare il movimento, gli altri che fondano il partito. Lui, che fa esplicita scelta nonviolenta, gli altri che organizzano la rivolta armata. Verso la sinistra, il liberalsocialismo, manterrà sempre un atteggiamento di dialogo, di “aggiunta”. Nel dopoguerra non aderisce ad alcun partito, e così Capitini – che era stato fra i primissimi e i pochissimi a rifiutare da subito il fascismo e che tanto fece e patì durante il regime di Mussolini – venne lasciato fuori dal Comitato di Liberazione Nazionale e dalla Costituente. Da solo inizia un lungo lavoro per l’affermazione del metodo della nonviolenza. Fino alla morte è attivissimo: fonda i Centri di Orientamento Sociale, il Movimento di Religione, il Centro di coordinamento internazionale per la nonviolenza, la Società Vegetariana Italiana, l’Associazione per la difesa e lo sviluppo della Scuola pubblica, la Consulta Italiana per la Pace, il Movimento Nonviolento. Organizza convegni e seminari sui temi della pace, delle tematiche religiose, della scuola, della pedagogia. Scrive e pubblica moltissimo: «La realtà di tutti», «Nuova socialità e riforma religiosa», «L’atto di educare», «Il fanciullo nella liberazione dell’uomo», «Religione aperta», «Colloquio corale», «Rivoluzione aperta», «L’obiezione di coscienza in Italia», «Battezzati non credenti», «L’educazione civica nella scuola e nella vita sociale», «La compresenza dei morti e dei viventi», «Educazione aperta», «Le tecniche della nonviolenza». Fonda e dirige anche due riviste: «Il potere di tutti» e «Azione nonviolenta».

Dobbiamo constatare che dopo tanti anni i lavori pratici e intellettuali di Capitini restano sconosciuti ai più, ma le sue intuizioni sulla nonviolenza si sono in molta parte realizzate, mentre altre teorie e pratiche politiche sono rimaste sepolte sotto il Muro di Berlino. Il seme ha germinato. I casi della vita mi hanno portato a dirigere la rivista «Azione nonviolenta», voluta da Capitini per «aiutare noi e gli altri a chiarirci le idee in un metodo che è destinato a rinnovare profondamente la società umana (…) il metodo nonviolento, straordinariamente dinamico, finisce per avere ragione e per trasformare le attuali società, che sono società di pochi, in una società veramente di tutti. Perché questa persuasione interiore diventi consapevole e largamente diffusa, è necessario lavorare». Proseguire l’opera di Capitini è un compito davanti al quale ci si sente spesso inadeguati. Per aiutarsi bisogna ricorrere ancora una volta al metodo nonviolento che esige prima di tutto «qualità di coraggio, tenacia, sacrificio e di non perdere mai l’amore».

(*) Mao Valpiana è presidente del Movimento Nonviolento.

Siria – rassegna stampa

11 mercoledì Set 2013

Posted by maovalpiana in Nonviolenza

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Aldo Capitini, Digiuno, Movimento Nonviolento, nonviolenza, Siria

*La situazione in Siria e la veglia per la pace di Papa Francesco

Radio Radicale:

– Intervista a Mao Valpiana

Free Lance International Press:

* Siria: la voce delle armi e la voce della Nonviolenza

L’Espresso-on-line

* 2013, cosa ne è dei pacifisti

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