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24 settembre 1961, 60 anni dopo Aldo Capitini

24 venerdì Set 2021

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Assisi, Capitini, Marcia, Movimento Nonviolento, pace, Pacifismo, Perugia

I 60 anni della prima Marcia storica di Aldo Capitini, da Perugia ad Assisi, vanno celebrati per conservare e trasmettere la memoria, e perché quella Marcia rappresentò una grande novità, fu a suo modo rivoluzionaria, uno spartiacque con un prima e un dopo (prima il pacifismo di partito, dopo il pacifismo nonviolento); quella Marcia diede anche un frutto fortemente voluto da Capitini stesso: la nascita del Movimento Nonviolento.

Una Marcia così non c’era mai stata in Italia. Processioni religiose sì, se ne vedevano tante, e anche cortei di partito, in tutte le regioni. Ma chiamare a raccolta gente di popolo, per camminare nelle campagne umbre con un obiettivo politico (lanciare l’idea del metodo nonviolento di lotta), era proprio una novità. Ci voleva uno come Aldo Capitini, pacifista nonviolento, libero religioso, per convocare la Marcia per la pace e la fratellanza tra i popoli del 24 settembre 1961.

In un momento internazionale difficile (costruzione del Muro di Berlino, avvio della crisi cubana, contrapposizione tra Patto di Varsavia e Nato con la minaccia di conflitto atomico) Capitini volle unire i filoni storici, laici e religiosi, del pacifismo socialista, comunista, cattolico, radicale, nel comune desiderio di pace per il mondo.

Il senso profondo di quella originale iniziativa fu espresso dallo stesso Capitini; bisognava che la Marcia: – partisse da un nucleo indipendente e pacifista integrale; – dovesse destare la consapevolezza della pace in pericolo nelle persone più periferiche e lontane dall’informazione e dalla politica; – fosse l’occasione per la presentazione e il “lancio” dell’idea del metodo nonviolento (da qui il richiamo alle due figure della nonviolenza, Francesco e Gandhi).

La Marcia, dapprima avversata dai partiti, fu un successo “dal basso”. Superò il vecchio pacifismo generico, che vacillò davanti alla prima e alla seconda guerra mondiale, e introdusse in Italia la nonviolenza come programma politico.

Per questo, anche se molti gli chiesero di ripetere l’iniziativa annualmente, Capitini rifiutò per evitare il rischio che la Marcia, e lo stesso ideale di Pace, divenissero ritualità e stanca ricorrenza.

Quando, qualche tempo dopo, disse “C’è stato chi ha detto che la Marcia Perugia-Assisi era così bella che è irripetibile. Ma come non correre il rischio di farne di meno belle se esse devono adempiere ad un compito così importante?” si riferiva alle Marce specifiche “contro la guerra” che lui stesso organizzò in alcune città (Roma, Bologna) e in molti centri della Toscana e dell’Umbria. Erano le iniziative locali messe in campo dalla Consulta italiana per la pace, guidata dallo stesso Capitini, che riuniva e collegava le principali associazioni pacifiste di allora, così come oggi fa la Rete italiana Pace e Disarmo. Fu in quell’occasione che Capitini scrisse “Una marcia non è fine a se stessa, produce onde che vanno lontano”, e in qualche modo quelle onde sono arrivate fino a noi.

Oggi marce e manifestazioni non sono più una novità. Hanno senso solo se legate ad un obiettivo preciso, ad una campagna in atto, a mobilitazioni specifiche. Celebrazioni rituali, retoriche, autoreferenziali, ripetitive, andrebbero fuori dal tracciato della nonviolenza attiva, innovativa, trasformativa, che ci è stata tramandata proprio dal pensiero capitiniano.

“Un movimento per la pace che fosse fatto principalmente o esclusivamente di marce e petizioni per chiedere disarmo o condanna di certe aggressioni militari, non avrebbe grande credibilità, soprattutto se si limitasse ad invocazioni generiche di pace cui nessuno potrebbe dirsi contrario, ma dalle quali non deriva nessun effetto concreto. Sono convinto che oggi il settore R&S, ricerca e sviluppo della nonviolenza, debba fare grandi passi in avanti e non debba fermarsi alle ormai tradizionali risorse”. Sono parole di Alexander Langer, che scrisse per un congresso del Movimento Nonviolento, nelle quali ci riconosciamo pienamente e di cui vogliamo fare tesoro.

Per questo a noi sembra che il modo migliore per ricordare la Marcia del 1961, e ringraziare Aldo Capitini, sia quello di proseguire e rafforzare le Campagne nelle quali siamo impegnati, per la riduzione delle spese militari, per gli interventi civili di pace nei conflitti in corso, per la messa al bando delle armi nucleari, per l’istituzione della Difesa civile non armata e nonviolenta.

Sulla Marcia, dei pregi e dei difetti (ad un mese dalla Perugia-Assisi)

07 mercoledì Nov 2018

Posted by maovalpiana in Nonviolenza, Uncategorized

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Aldo Capitini, Assisi, Movimento Nonviolento, Perugia, Pietro Pinna, Rete della Pace

Ad un mese dalla Perugia-Assisi del 7 ottobre 2018 è bene fare qualche considerazione su come sta proseguendo la nostra marcia …

La grande partecipazione all’iniziativa, nel cinquantesimo anniversario della morte terrena di Aldo Capitini, ideatore e promotore della prima marcia, ha confermato la necessità per il più vasto movimento per la pace di avere luoghi di incontro e azione comuni. La Perugia-Assisi è stata storicamente, proprio grazie alla prima edizione capitiniana del 1961 (che doveva essere un “unicum”) e alla sua ripresa dopo 17 anni, nel 1978 per volere di Pietro Pinna e del Movimento Nonviolento, la vetrina nella quale il pacifismo italiano espone la propria immagine e le proprie proposte al paese. La marcia, infatti, non è la passeggiata per stare bene con gli amici, non è il corteo per contare se si è in tanti, non è la processione per rinnovare una tradizione, ma è il momento, forse unico, in cui l’opinione pubblica può vedere il movimento per la pace riunito, riconoscerlo e valutare la sua capacità di dialogo con la politica e le istituzioni.

La marcia del 2018 non aveva un obiettivo specifico, unitario, definito, una campagna unificante da proporre, e questo è certamente un errore. Gruppi, movimenti, reti, hanno saputo positivamente esprimere le tante iniziative in corso, ma non si è riusciti a parlare con voce unica. E’ stato un coro polifonico, dal quale comunque è emersa una tematica prevalente, riferita all’attualità politica: l’immigrazione. Gli slogan più diffusi erano “ponti, non muri” e “porti aperti, non confini”, a significare che la marcia di fatto ha avuto anche un carattere antigovernativo. Le 70.000 persone partecipanti (questo il numero più vicino alla realtà) hanno saputo esprimere una grandissima energia, una partecipazione vivace e consapevole, arricchita dalla notevole presenza di giovani e giovanissimi; è mancato però il contenitore dove riporre e valorizzare tanta ricchezza; la domanda espressa non ha ancora trovato una risposta in grado di indirizzare e dare sbocco politico.

I due appelli “ufficiali” letti al termine della marcia, non hanno saputo interpretare nemmeno ciò che la marcia aveva comunque espresso, e non hanno saputo dare nessuna indicazione pratica sul “dopo”. L’appello “Nessuno deve essere lasciato solo!” è una dichiarazione di impotenza: “cerchiamo assieme le soluzioni dei problemi che non sono ancora state trovate e intraprendiamo nuove iniziative per attuarle“, concludendo con l’esortazione “Miglioriamo i nostri pensieri!“. L’altro appello “Il manifesto della cura” fornisce indicazioni ancor più vaghi, inafferrabili: “trovare la clorofilla spirituale che tiene alla ricerca delle cose buone con un pensare sensibile e un sentire limpido“. Evidentemente c’è bisogno di ben altro, e per fortuna i marciatori si sono dimostrati molto più avanti della marcia stessa. Dal meeting per la pace che si è svolto nei giorni precedenti la Marcia, a cura della Rete della Pace, sono emerse pratiche, esprienze e progetti che possono andare a costituire quella Agenda della pace di cui tutti i marciatori hanno sentito il bisogno: –taglio delle enormi spese militari -uscita dal programma di acquisto degli F35 -messa al bando delle armi atomiche -riconversione civile dell’industria bellica -stop all’esportazione di armi che creano morte, migrazioni forzate e profughi che fuggono dalle guerre. I progetti per ricostruire una politica di pace e giustizia sono contenuti nella campagna “Un’altra difesa è possibile”: spostamento delle risorse dal bilancio militare alla difesa civile, non armata e nonviolenta, per i corpi civili di pace, la protezione civile, il servizio civile universale, un Istituto di ricerche per il disarmo.

La priorità è convergere sempre di più su obiettivi comuni, riconoscere la necessità di una campagna coordinata, rafforzare una Rete della pace che sappia dare un senso politico unitario al lavoro che tantissimi fanno sui territori. Solo così la prossima Marcia, magari autoconvocata, proprio perchè di tutti e per tutti, avrà un senso.

Mao Valpiana

presidente del Movimento Nonviolento

Verona, 7 novembre 2018

verso la marcia per la pace 2011

19 martedì Apr 2011

Posted by maovalpiana in Nonviolenza

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Aldo Capitini, Assisi, marcia per la pace 2011, nonviolenza, Perugia

Dov’è finita l’Italia? Intervista a Mao Valpiana (Movimento nonviolento) ad Assisi in occasione del 29° seminario nazionale della Tavola della Pace. 17 aprile 2011.

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