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Ecco dove sono i pacifisti. Chi li cerca li trova.

08 giovedì Ott 2015

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Beppe Grillo, Difesa civile, Disarmo, Lev Tolstoj, Mohandas K. Gandhi, nonviolenza

Ci mancava Beppe Grillo ad intrupparsi nella schiera di coloro che ad ogni rumor di cannoni iniziano a recitare la giaculatoria “ma dove sono i pacifisti?”, salvo poi chiudere le orecchie per non ascoltare la risposta, perché, a costoro, dei pacifisti come delle vittime dei conflitti, non interessa proprio nulla, presi come sono dalla vis polemica che gli serve solo per affermare se stessi.

Per chi invece fosse davvero interessato alla risposta, ecco alcune tracce per scoprire dove sono i pacifisti, i disarmisti, i nonviolenti, e soprattutto cosa stanno facendo.

Intanto c’è da dire che chi non li trova, li cerca nel posto sbagliato. Alimentato dalla cosiddetta grande stampa , è ancora forte lo stereotipo del pacifista come di colui che se ne sta zitto e buono a casa, e poi, quando scoppia un conflitto armato, corre in piazza con la bandiera arcobaleno a protestare ed invocare la pace. Un pacifismo inane, da milleottocento, già superato storicamente, ad inizio novecento, da Tolstoj e da Gandhi, che voltarono pagina passando dal pacifismo imbelle alla nonviolenza attiva. Parafrasando Lenin con Gandhi si può dire che “il pacifismo codardo è la malattia infantile della nonviolenza coraggiosa”. Sarà bene, quindi, che i critici del movimento pacifista odierno si aggiornino, poiché sono rimasti indietro di oltre un secolo.

Oggi il movimento pacifista e nonviolento maturo non si fa dettare l’agenda politica dai titoli di giornale, dagli spot governativi, dalle dichiarazioni estemporanee di qualche Ministro della Difesa; segue una propria strategia, conduce le proprie campagne, costruisce e allarga reti di relazioni, agisce dentro i conflitti reali. Non lo si trova nelle piazza a sbraitare o a fare marce autoreferenziali. Lo si trova a lavorare sul campo, dentro ai movimenti che vogliono cambiare la realtà in meglio.

Prima traccia. Basterebbe seguire l’intensa attività della Rete Italiana Disarmo per rendersi conto della capacità di studio, elaborazione ed analisi che i pacifisti possono mettere in campo: dal controllo dell’export di armi, alle denunce sulle falle del progetto F35. La Rete ha scoperchiato il caso della fornitura di armi italiane all’Arabia Saudita, coinvolta nel conflitto nello Yemen che sta provocando una vera e propria catastrofe umanitaria: la legge sull’export di materiale militare (185/90) vieta espressamente forniture verso paesi in guerra, e su questo si è aperto un confronto tra pacifisti e governo.

Seconda traccia. E’ finalmente in dirittura d’arrivo l’avvio del progetto sperimentale dei Corpi Civili di Pace (sul quale i nonviolenti hanno lavorato per dieci anni), che prevede l’impiego di 1500 giovani del servizio civile per tre anni, per attività di pacificazione in aree di conflitto o a rischio; un decreto governativo finanzia questa realtà che concretizza l’idea di vere missioni di pace, civili e non militari.

Terza traccia. La Campagna per la Difesa civile non armata e nonviolenta ha visto la parte migliore del pacifismo italiano coinvolta per la raccolta di firme a sostegno della Legge di iniziativa popolare per istituire un Dipartimento che possa organizzare e finanziare tutte quelle forme di difesa della patria alternative alla difesa armata. Ora quella Legge è all’attenzione del Parlamento, che ha finalmente la possibilità di dare piena attuazione all’articolo 52 della Costituzione.

Quarta traccia. Con il Tavolo interventi civili di pace, il pacifismo italiano attua anche una politica di relazioni e solidarietà internazionale. Volontari italiani partecipano a progetti di riconciliazione e soluzione nonviolenta dei conflitti in luoghi difficili come Baghdad; dall’1 al 3 ottobre 500 attivisti si sono ritrovati nei giardini Abu Nawas, sulle sponde del Tigri a Baghdad, nel Forum Sociale Iracheno sulla Pace e la Coesistenza. E’ un modo per aiutare la nascita e lo sviluppo dei movimenti nonviolenti anche in contesti di guerra.

Quinta traccia. Organizzazioni come la Conferenza nazionale degli degli Enti di servizio civile e il Forum nazionale Servizio civile, sono fortemente impegnate in un confronto con il governo per la riforma del Terzo settore, nella quale trovi spazio un servizio civile per tutti coloro che chiedono di parteciparvi, costruito con il coinvolgimento delle formazioni sociali e dei livelli istituzionali della Repubblica, in modo tale che i giovani del servizio civile siano protagonisti nell’attuare il dovere costituzionale della difesa della Patria, che non è solo difesa militare.

Sono solo cinque esempi. Molti altri se ne potrebbero fare. Chi vuole documentarsi seriamente può farlo anche consultando le riviste del movimento, come Azione nonviolenta e Mosaico di pace.

Ma non voglio eludere il punto decisivo del dibattito sul pacifismo: “come si fa, con la nonviolenza, a contrastare il terrorismo dello Stato Islamico?”. La domanda è seria, e necessita di una risposta seria. Non si è mai investito responsabilmente, dunque anche finanziariamente a livello istituzionale, per costruire strutture capaci di agire sul piano internazionale per superare positivamente i conflitti. Anzi, si è agito e finanziato esclusivamente un tipo di intervento, quello militare, insistendo soprattutto sui bombardamenti aerei. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: guerre diffuse in espansione, aumento del terrorismo che avanza. Allo stato attuale non abbiamo dunque nessuna consistente forza nonviolenta da mettere in campo, mentre l’unica risposta possibile, perché l’unica preparata, è quella militare, dei bombardamenti. A questo punto la domanda potrebbe essere rovesciata: “come si fa, con le bombe, a contrastare il terrorismo dello Stato Islamico?”, visto che dal 2001 ad oggi gli interventi militari hanno clamorosamente fallito l’obiettivo di debellare il terrorismo. Siamo dentro una tragica spirale: guerra, terrorismo, guerra, terrorismo. Per spezzarla la strada maestra è quella di prendere finalmente sul serio la nonviolenza e cominciare a praticarla anche sul piano della politica estera. Se non le guerre in corso, forse si riusciranno ad evitare le guerre del futuro.

Dietro le quinte di Arena di Pace e Disarmo

29 martedì Apr 2014

Posted by maovalpiana in Nonviolenza, Uncategorized

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Arena, Disarmo, Liberazione, NO F35, nonviolenza, Resistenza

DSC_0176Ci sono le foto a descrivere i volti, i colori, le bandiere arcobaleno che gremivano l’Arena. Resta nella mente la musica di qualità che è stata la colonna sonora della giornata. Sono sedimentate nell’animo le emozioni venute dagli spalti e dal palco di un anfiteatro dove è stato messo in scena un racconto di pace e disarmo.

Questo è stato il nostro 25 aprile: una storia di resistenza e nonviolenza.

Resistenza contro l’oppressione delle armi che preparano nuove guerre, e nonviolenza per costruire politiche di pace.

Quando, un anno fa, abbiamo iniziato ad accarezzare l’idea di ri-convocare un’Arena di pace, sembrava una sfida impossibile. Troppo rischioso. Il clima non era più quello degli anni 80-90. Il movimento frammentato, in una fase di ripensamento. E se poi non la riempiamo? Tanti i dubbi, ma sentivamo che ce n’era bisogno. Ci voleva l’idea giusta, bisognava crederci. Era necessario cambiare formula: non una riedizione di “come eravamo”, ma la proposta di un nuovo percorso.

E così “Arena” ha cominciato a prendere forma. Ottenuta la concessione del monumento, la possibilità di averlo proprio per il 25 aprile, data-simbolo, ci ha convinti che il legame Resistenza/Nonviolenza e Liberazione/Disarmo avrebbe funzionato. Un’Arena nuova, che si rivolgesse non solo alle tradizionali associazioni pacifiste, ma a tutto il più vasto movimento, laico e religioso, capace di coinvolgerlo sui nostri temi. La parola-chiave doveva essere “disarmo”.

Il progetto era convincente. La discussione, sia a Verona che a livello nazionale, si è allargata per centri concentrici. Per evitare primogeniture, si è deciso che l’Arena venisse convocata semplicemente dai firmatari dell’appello. Un modo per farla sentire di tutti, con l’unica richiesta di riconoscersi nei contenuti espressi, riassumibili nelle parole “pace e disarmo”. Localmente si è formato un gruppo organizzatore sempre più solido. Le reti per il disarmo, la nonviolenza, il servizio civile, la pace, ne hanno assunto la promozione. Via via, si sono aggiunte associazioni, piccole e grandi, e si sono moltiplicati gli incontri, in tutta Italia, di un percorso “verso Arena di pace”. Tutto è stato condotto con metodo nonviolento, e sappiamo che nel mezzo c’è già il fine, senza sotterfugi, senza cordate, senza furbizie, senza primi attori, come sempre si dovrebbe fare, superando steccati, creando nuove relazioni e alleanze.

Poi è nata anche l’idea di un nuovo formato per la giornata. Una sorta di “spettacolo” che mettesse in scena le nostre politiche per la costruzione della pace e della nonviolenza, con testimonianze e musica. Così si è pensato ad una regia, una conduzione, una direzione artistica. E poi il palco, e poi la scenografia. La preparazione dell’evento richiedeva sempre più lavoro, più energie, più risorse, ma i volontari e le forze aggiuntive sono sempre arrivati al momento giusto. Anche i soldi, abbiamo pensato, salteranno fuori. Se ci crediamo, ognuno farà la propria parte. Se vogliamo “riprenderci l’Arena”, ce la dobbiamo pagare tutti insieme.

Venerdì 25 è arrivato. Anche il meteo ho voluto contribuire, regalandoci una splendida giornata di sole, inaspettato fino a poche ore prima. Poi, dalle 13 in avanti, la platea, le poltroncine, le gradinate hanno iniziato a riempirsi, sempre di più, fino a contarne oltre 13 mila, arrivati con 30 pullman e i treni, in bici o a piedi da Verona e da tutta Italia. La giornata è iniziata alle 14 in punto con le note di Give Peace a Chance, “dai una possibilità alla pace”, ed è terminata alle 20 con la strofa cantata “voglio tornare per ricominciare”. Una scaletta di 6 ore che è un programma politico.

L’Arena di pace e disarmo è stata una grande festa collettiva. Mentre guardavo dal palco lo spettacolo che si svolgeva sui gradoni, con il lancio di migliaia di aerei di carta colorati, o durante l’emozionante minuto di silenzio assoluto dei 13 mila presenti, mi venivano in mente le parole di Aldo Capitini: “Nella festa si trova una ragione più profonda della vita, una solidarietà più salda, un anticipo della liberazione, un’atmosfera in cui ci si purifica, ci si eleva, ci si abbandona”.

Una ragione più profonda della vita: i testimoni hanno saputo toccare le corde dei costruttori di pace presenti in Arena, appellandosi ai valori di coscienza che ci muovono.

Una solidarietà più salda: gli impegni presi vanno nella direzione da noi auspicata: coniugare solidarietà con giustizia, diritti con doveri.

Un anticipo della liberazione: le tematiche affrontate, dal servizio civile alla campagna NoF35, dagli interventi civili di pace alle spese militari, dalla militarizzazione del territorio alla difesa ambientale, fino all’amministrazione del bene pubblico con la nonviolenza, hanno dimostrato che la liberazione nonviolenta è già in atto.

Un’atmosfera in cui ci si purifica: la musica è stata parte integrante della manifestazione, non un riempitivo, ma espressione artistica tendente alla bellezza della nonviolenza;

ci si eleva: la compresenza di amici che ci hanno preceduto è stata un richiamo a dimensioni spirituali;

ci si abbandona: ogni singolo è entrato, con fiducia, nella dimensione collettiva del movimento, abbandonando il proprio ego per riconoscersi parte di Arena: dal tu al tutti.

Arena di pace e disarmo ha rimesso in moto energie, aspettative, entusiasmi che da tempo attendevano di trovare un punto di riferimento; il successo ottenuto (e non solo in termini di partecipazione fisica, ma anche politica) è dovuto senz’altro al fatto che si è trattato di un percorso condiviso, allargato, di un lavoro di “rete” che abbiamo saputo mettere in campo. Ora dobbiamo saper capitalizzare questo patrimonio rivalutato, che altrimenti rischiava di essere disperso, per proseguire nel cammino comune che ci siamo dati con la “Campagna disarmo, difesa civile non armata e nonviolenta”.

 

P.S. Se sei arrivato a leggere questo pezzo fino in fondo, è forse perchè Arena ti ha coinvolto.

Coinvolgiti anche economicamente, c’è bisogno del tuo contributo per pagare le spese, e raccogliere fondi per avviare la Campagna.

Fai la tua donazione a:
Associazione Arena di Pace e Disarmo
IBAN: IT16V0501812101000000170970
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