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Discutendo di corruzione, antipolitica, costi della democrazia, e altre amenità

16 martedì Dic 2014

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elezioni, F35, Mafia Capitale, Politica, spese militari, Tangentopoli

Sono più di vent’anni, da Tangentopoli del 1992, che l’opinione pubblica desidera una riforma della politica, un dimagrimento dei partiti, il rinnovo delle istituzioni.

Sulla spinta del “via i ladri dal Palazzo”, sono nati (e morti) movimenti come i girotondini, il popolo dai fax, il popolo viola, ed anche partiti e carriere personali: la Rete di Leoluca Orlando, l’Italia dei Valori di Tonino Di Pietro, il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo.

Si è cominciato con l’abolizione delle preferenze, per non favorire le cordate dei soliti noti, e il risultato sono le liste bloccate e i collegi uninominali. Subito dopo la scure è caduta sul finanziamento pubblico dei partiti (sostituito da finanziamenti privati e dall’introduzione del 2 per 1000 nella dichiarazione dei redditi). Basta con i vecchi simboli, via libera ai nomi dei capi partito nelle schede, e non importa se si registra il calo dei tesseramenti, poiché i congressi lasciano il posto alle “convention”, dove non si vota ma si applaude.

Poi è venuto il momento della critica al bicameralismo: una Camera basta e avanza, e quindi stop al Senato (senza badare al fatto che abolendo i senatori si diminuisce il numero dei rappresentanti popolari). Anche gli Enti intermedi sono sembrati di troppo: via le Province (e conseguentemente anche i servizi di loro competenza) mentre le Regioni, dopo gli scandali diffusi, diminuscono il numero dei consiglieri, tagliano i vitalizi e i finanziamenti ai gruppi.

I poteri dei consigli comunali sono stati svuotati, dando più deleghe a Giunte e Sindaci; i consigli di quartiere esprimono solo pareri non vincolanti: concentrazione di potere verso l’alto, senza più potere di controllo.

Mettendo mano alla legge elettorale è stato abolito il proporzionale per introdurre il sistema maggioritario: il premio di maggioranza permette di governare anche con percentuali basse in termini di voti effettivi, ma siamo tutti contenti perchè “la sera delle elezioni si sa chi ha vinto”. Infine sono state introdotte per prassi le cosiddette primarie che spesso servono solo a legittimare le scelte fatte dai gruppi dirigenti.

Ora, dopo 20 anni di rottamazione, è il momento di fare un bilancio. Qual è lo stato dell’arte della politica italiana? Riforme, novità, semplificazione del sistema, che risultati hanno dato?

Vediamo. Siamo il paese più corrotto d’Europa. L’astensionismo è in crescita; in picchiata invece la fiducia degli italiani nelle istituzioni (era del 40% nel 2005, oggi è al 20%); i politici sono ridotti a presenze da avanspettacolo nei salotti televisivi, buoni solo per essere presi in giro dai comici, mentre lo spazio lasciato libero da una politica sempre più debole, è stato occupato da gruppi di potere che hanno messo le mani sulla cosa pubblica (o, meglio, sui soldi pubblici). Le vicende di Expo, Mose e Mafia Capitale la dicono lunga… e non è ancora stato scoperchiato il pentolone maleodorante di “militaropoli”. Durante la crisi solo il comparto delle spese militari non è stato intaccato dai tagli. Il governo ha riconfermato interamente il progetto di acquisto degli F35; l’Italia nel 2014 ha bruciato per la difesa militare almeno 23,6 miliardi di euro, cui bisogna aggiungere 5,4 miliardi in programma per nuove spese per la Marina (dal ministero dello Sviluppo economico) con stanziamenti per una nuova portaerei, di cui dopo la Garibaldi e la Cavour nessuno sentiva la mancanza (tanto per fare un raffronto, l’inchiesta su Mafia Capitale vale “solo” 1,3 miliardi).

Era questo ciò che volevano i sostenitori del “nuovo che avanza”?

L’antipolitica e l’anticasta, che hanno messo tutti nello stesso calderone, hanno compiuto un grave errore: per attaccare i costi della politica hanno sacrificato anche i costi della democrazia; così oggi abbiamo meno politica, meno democrazia e dunque meno partecipazione e meno controllo. Le desolanti conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Una responsabilità enorme ce l’ha certamente anche l’informazione (a volte distorta ad arte) che per anni ha messo alla gogna la categoria dei “politici”; potenti gruppi economici, proprietari di testate giornalistiche o televisive, hanno aizzato l’opinione pubblica contro la politica (“è tutto un magna mangna”); risultato: il campo libero se lo sono preso le lobby degli appalti pubblici.

Come nel gioco dell’oca siamo tornati alla casella di partenza.

Dopo le elezioni. Considerazioni sparse (ed una postilla)

28 giovedì Feb 2013

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≈ 3 commenti

Tag

Agenda della pace, alba, Cambiare si può, Costituzione, elezioni, F35, governo, Grillo, Ingroia, Lista Civica, M5S, nonviolenza, Radicali, spesa militare, Verdi

La politica è l’arte del compromesso e del possibile.
Traduzione: la politica (governo della città) è l’arte (attività creativa) del compromesso (accordo di mediazione) e del possibile (ciò che si può fare).
Nelle prossime settimane vedremo se e chi nel nuovo Parlamento saprà fare politica.

I RISULTATI
Il risultato elettorale ci consegna un’Italia divisa, squilibrata, ancora incerta sulla strada da intraprendere per uscire dalla crisi in cui si è messa.
Chi ha dato la fiducia al centro-sinistra, vuole un governo capace di fare le riforme; chi ha dato la fiducia al centro-destra, vuole la continuità con i decenni trascorsi; chi ha votato per il Movimento 5 stelle, vuole liberarsi dei predecessori (tutti a casa).
Difficile trovare una maggioranza. E questo è certamente un danno per il paese, che ha problemi così  enormi che avrebbero bisogno di un governo autorevole, sostenuto dalla fiducia degli italiani.
Non so se si riuscirà a formare un governo, con chi, quanto durerà, se saprà fare le riforme necessarie, tra quanto torneremo a nuove elezioni. Fare l’indovino non è il mio mestiere (e comunque non dimentichiamo che in passato abbiamo avuto un presidente del Consiglio come Berlusconi, e ministri come Bossi e Calderoli: difficile cadere più in basso).
Quello che mi interessa è capire i fatti, e cosa posso fare io (noi) per far andare meglio le cose.
E’ evidente che il dato forte emerso dalla urne è la volontà di un cambiamento. Lo dice anche la grande mobilità elettorale che gli elettori hanno dimostrato di avere. Non è la prima volta che viene espressa, pur in forme diverse, una necessità di discontinuità con il passato, una forte contestazione e la voglia di novità nel Parlamento: è già accaduto nel 1976 con il Partito Radicale, nel 1987 con la Lega e i Verdi, nel 1994 con Forza Italia.
L’involuzione di quelle novità è nota a tutti…. e non è escluso che la storia si ripeta..

IL M5S
Oggi la novità è il Movimento 5 Stelle, che ha luci e ombre.
Le luci sono rappresentate da alcuni punti programmatici assolutamente condivisibili, dall’aver incanalato la protesta in un alveo democratico, aperto la partecipazione a tanti giovani. Le ombre sono la guida monarchica e centralizzata del movimento, l’assenza di confronto reale, la demonizzazione degli avversari.
Grillo (padre/padrone) resta un attore, recita una parte del copione (scritto da Casaleggio Associati s.r.l.), ma non vuole assumersi responsabilità politica.
D’altra parte l’aveva già annunciato lui stesso con la campagna elettorale (fatta nelle piazze, e anche questo è stato un segno positivo) chiamata significativamente Tsunami tour. Cos’è lo tsunami? L’onda arriva, travolge e sommerge tutto, ma poi si ritira e lascia solo fango e macerie. Ci vuole qualcuno che dopo lo tsunami si rimbocchi le maniche per togliere i detriti, ripulire e poi poter ricostruire. Chi lo farà questo lavoro?
Se il M5S mantiene la linea di “non alleanza” rischia di diventare un contenitore che tiene congelati i voti. Probabilmente è una strategia voluta, per costringere le altre coalizioni a trovare accordi sulle riforme, e quindi accusarle di inciuci e vecchia politica, per proseguire la raccolta di voti anche alle prossime elezioni… questo è un gioco che bada al tornaconto del Movimento e non al bene comune del paese.
Ma ciò potrebbe non accadere, se gli eletti del M5S agissero come la Costituzione prevede. I deputati sono eletti senza vincolo di mandato. Quindi ognuno di loro ha il dovere di votare secondo coscienza, e di rispondere solo al corpo elettorale. C’è da sperare che tra i “grillini” ce ne siano tanti che non si considerano tali, ma semplicemente deputati della Repubblica italiana, decisi a votare in Aula per il bene di tutti, non seguendo le indicazioni del capo-partito.
Questa sarebbe davvero una grande novità. Vedremo.

RIVOLUZIONE CIVILE
Un altro dato uscito dalle urne è il fallimento totale (senza possibilità d’appello) della Rivoluzione civile di Ingroia. Il magistrato impolitico, che ha dato la colpa del proprio flop al Pd e ai giornalisti, era la foglia di fico che copriva 4 partitini, fingendo di essere il leader di una sedicente società civile che evidentemente rappresentava solo se stessa. Gli elettori hanno bocciato il brutto simbolo dietro al quale non c’era progetto politico. Dopo il disastro della Sinistra Arcobaleno del 2008, gli stessi protagonisti, recidivi, ci hanno riprovato, ma ormai non hanno più consenso. E’ un bene perchè così non si perpetua l’equivoco, e il percorso avviato da Cambiare si può, Alba, Lista Civica e tanti altri soggetti rimasti fuori da questa competizione elettorale, potrà proseguire tenendo aperto un laboratorio politico senza ambiguità.

UNA POSTILLA
Lo scenario politico che abbiamo davanti a noi è quindi in grande movimento. Ci sono molti rischi, ma vi possono essere anche nuove opportunità. Dobbiamo saperle cogliere.
Per un possibile “buon governo” dell’oggi, la Rete Italiana per il Disarmo e il Tavolo Interventi Civili di Pace hanno proposto alle forze politiche un’Agenda della Pace e del Disarmo ( http://www.disarmo.org/rete/a/37647.html ). E’ un vero e proprio programma di governo, realizzabile, che fa risparmiare denaro pubblico e genera nuove risorse. Dobbiamo lavorare per mantenere l’attenzione su questa Agenda e costringere il nuovo Parlamento a confrontarsi sulle singole proposte. L’abolizione del programma F35 e la riduzione drastica della spesa militare sono due priorità assolute (che fanno concretamente bene al paese), molto più di generiche e demagogiche campagne “contro la casta” (spero comunque che i grillini la smettano con il brutto slogan “tutti a casa”, perchè ora anche loro fanno parte delle istituzioni. I partiti hanno presentato le liste, gli elettori hanno votato e gli eletti sono tutti uguali. Non si capisce perchè quelli del M5S sarebbero “la gente” e gli altri “i politici”. Sono tutti cittadini candidati ed eletti, né più né meno come prevedono le regole democratiche).

Questa è la nostra aggiunta nonviolenta alla realtà politica odierna.
Ma è evidente che c’è bisogno di più. Che la situazione politica italiana è bloccata da troppo tempo, che le vecchie proposte non hanno più fiato e il nuovo è emerso come forza distruttiva del vecchio ma non ancora costruttiva del futuro. C’è bisogno di nonviolenza (forza della verità – potere di tutti) anche nel mondo politico.
In queste elezioni i singoli amici della nonviolenza hanno fatto la propria personale scelta politica (chi Sel, chi il M5S, chi il Pd, chi i Radicali di Amnistia-Giustizia-Libertà, chi Riv. Civ. o altre sigle ancora…), come voto di appartenenza, o voto strategico…
Per il futuro, invece, è necessario proseguire il percorso per trovare una dimensione politica della nonviolenza (oggi non presente nello scenario). E’ bene, quindi, che ora si apra una fase nuova, innanzitutto di confronto, per immaginare un’opzione politica nonviolenta comune.
La situazione è difficile, può peggiorare ancora. Ma poi ci sarà sicuramente bisogno di qualcosa di forte, nuovo, positivo, coraggioso, per ricostruire su nuove fondamenta la politica. La nonviolenza può essere “la pietra che i costruttori hanno scartato” e che poi è diventata “la pietra angolare” (Matteo 21, 42).

Fino ad oggi abbiamo votato per “il meno peggio“, può essere che la prossima volta riusciremo a votare per “il più meglio”…
Discutiamone.

Mao Valpiana

Verona, 28 febbraio 2013

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