• Biografia
  • Contatti

Mao Valpiana Blog

Mao Valpiana Blog

Archivi tag: Gandhi

Manifestare per la pace: dove, quando, come. Perché oggi non andrò al sit-in contro Mosca

13 giovedì Ott 2022

Posted by maovalpiana in Nonviolenza

≈ Lascia un commento

Tag

Difesa, Gandhi, guerra, nonviolenza, pace, Russia, Ucraina

“Perché non partecipi alla manifestazione davanti all’ambasciata russa?”. Me lo sono sentito domandare più volte in questi giorni. Risposta numero uno: perché la condanna dell’aggressore l’ho già espressa dal 24 febbraio (anzi, dal 2014 in poi quando altri rifornivano di armi la Russia di Putin e noi denunciavamo la violazione dell’embargo da parte del governo italiano: andate a vedere chi c’era a Palazzo Chigi). Risposta numero due: perché ora è il momento della parte propositiva, cioè parlare a tutti i soggetti da coinvolgere nella realizzazione della Conferenza internazionale di pace.

Risposta numero tre: dovrei andare anche davanti all’ambasciata dell’Iran, della Turchia, dell’Egitto, dell’Afghanistan, e i compagni di manifestazione me li scelgo io: ai partiti che hanno votato tutti i bilanci dell’export militare, preferisco i movimenti e le associazioni che si sono battuti per la pace e per il rispetto dei diritti umani.

Ogni manifestazione è utile, se a favore della pace e contro la guerra; è sacrosanto condannare l’aggressore, ma oggi siamo in una fase politica più avanzata, che richiede proposte di soluzioni utili a fermare il massacro in atto per non vedere altri missili sui civili.

Detto questo, non voglio però esulare dalle domande di fondo che editorialisti e opinionisti stanno rivolgendo in questi giorni al movimento pacifista.

La nonviolenza è compatibile con la partecipazione alla guerra? Certamente no.

L’utilizzo delle armi per difendersi è lecito? Può esserlo, ma a determinate condizioni.

Sta tutta qui la problematica sulla legittimità della difesa di fronte ad un’aggressione.

Che la vittima (Ucraina) abbia diritto alla difesa contro il carnefice (Russia) è fuori discussione.

Il punto è quale tipo di difesa, con quali mezzi, con quale efficacia.

Partiamo dal fatto che ci sono diverse possibilità di difesa; non esiste solo la difesa armata, vi sono anche altre possibilità di resistenza civile, di difesa nonviolenta, di strategie non armate.

La difesa civile, non armata e nonviolenta (storicamente utilizzata in India da Gandhi contro il colonialismo inglese; in Sudafrica da Mandela contro l’apartheid; in Danimarca contro l’occupazione nazista e per la salvezza degli ebrei; in Cile contro la dittatura di Pinochet; in Polonia contro il regime di Jaruzelski; negli Stati Uniti da Martin Luther King per i diritti e contro la guerra in Vietnam) è efficace se adeguatamente preparata e preventivamente organizzata. Come la difesa armata, anche la difesa nonviolenta non si può improvvisare.

I movimenti nonviolenti, in tutto il mondo, lavorano a questo obiettivo comune: diminuire la capacità distruttiva della preparazione alla guerra, ed aumentare la capacità costruttiva della difesa nonviolenta. Questa è la strategia del transarmo: ridurre i flussi di denaro verso l’industria bellica a vantaggio di investimenti nella preparazione di una difesa non militare e nel rafforzamento delle istituzioni democratiche. Meno soldi per le armi, più soldi per la pace.

Ma se questo lavoro preventivo non è stato fatto, e anzi si è puntato tutto sulla difesa armata (come avvenuto in Ucraina che ora vuole entrare nell’alleanza militare della Nato), cosa si può fare quando arrivano i carriarmati dell’invasore? Resta davvero poco spazio per iniziative concrete di difesa civile. Ma se c’è anche un minimo spiraglio, questo va perseguito perché è l’unica possibilità per innescare un processo diverso da quello che prevede la guerra: colpo su colpo, in una spirale che si ferma solo quando una delle due parti viene annientata. E non è detto che a vincere sia sempre chi sta dalla parte giusta, perché la guerra solitamente la vincono i più forti che a volte sono quelli dalla parte sbagliata della storia.

E torno alle due domande iniziali. La nonviolenza gandhiana ci insegna che se l’alternativa è tra violenza e ignavia, è meglio scegliere la prima. Ma chiarisce anche che l’opzione preferibile, sempre possibile e prioritaria, è quella della nonviolenza del forte. Non usa mezzi termini il Mahatma: “Il valore assoluto è la nonviolenza, ma se devi peccare di ignavia di fronte al nemico, allora io ti dico che è meglio che tu prenda un fucile e gli spari in volto”. Il significato è chiarissimo: devi assumerti la responsabilità in prima persona. Non vuoi fare la scelta nonviolenta? Allora vai tu a combattere personalmente: fornire armi perché altri lo facciano al posto tuo è da vigliacchi. Pieno rispetto, dunque, per chi fa la scelta di difendersi con le armi, non spetta a noi giudicare. Ma da nonviolenti dobbiamo considerare la compatibilità dei mezzi (le armi, la guerra), con il fine (la difesa, la pace). Per questo in Ucraina abbiamo portato mezzi e sostegno a chi, pur sotto i missili gettati su Kiev, ha scelto e sta attuando la resistenza passiva, la difesa nonviolenta, come strategia concreta sulla quale costruire la pace giusta di domani.

Il metodo nonviolento funziona. Lo dice la storia

02 sabato Apr 2022

Posted by maovalpiana in Uncategorized

≈ Lascia un commento

Tag

Alex Langer, Auschwitz, Gandhi, guerra, Hiroshima, nonviolenza

«Tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere». Sta tutto qui, in questa frase della scrittrice Christa Wolf, il senso profondo della ricerca e della proposta nonviolenta come alternativa alla guerra.

Sul piatto tragico della storia c’è la questione della “difesa”, l’urgenza di salvare quante più vite possibili insieme alla necessità di fermare l’esercito invasore. Gli aggrediti non possono fare altro che usare gli strumenti che hanno a disposizione (armati o non armati), ma noi dobbiamo perseguire le vie efficaci del “cessate il fuoco”, sapendo che i mezzi che si usano prefigurano il fine che si raggiungerà. È Gandhi a parlare chiaro: «Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i mezzi in fin dei conti sono tutto». La necessità, anzi il dovere della difesa di un popolo aggredito è fuori discussione. Ma come attuare una difesa efficace e che salvi la vita oltre che i valori di libertà, democrazia, e le infrastrutture stesse di un paese, è la risposta che cerchiamo.

Il dilemma del Novecento si è consumato tra “Mai più Hiroshima” (fermare le armi) e “mai più Auschwitz” (fermare i carnefici). La nonviolenza ha la forza, la capacità, gli strumenti per fermare armi e carnefici? Da almeno un secolo ci sta provando, immergendosi nella storia e sperimentando il metodo nonviolento per la risoluzione dei conflitti. Lo stesso Gandhi nel pieno della seconda guerra mondiale dice che «la causa della libertà diventa una beffa se il prezzo che si deve pagare per la sua vittoria è la completa distruzione di coloro che devono godere della libertà. Voi volete eliminare il nazismo, ma non riuscirete mai ad eliminarlo con i suoi stessi metodi» e nel 1938 propone alle nazioni occupate da Hitler di ottenere la vittoria con la resistenza nonviolenta: «L’Europa eviterebbe lo spargimento di fiumi di sangue innocente e l’orgia di odio a cui oggi assistiamo».

Alle fallimentari esperienze storiche dei blocchi militari contrapposti sono stati concessi decenni di “prova”, mentre alla nonviolenza si chiedono risultati immediati e la si boccia se non offre soluzioni miracolose. Ma basterebbe un minimo di conoscenza storica per sapere vedere nelle pieghe del secolo i successi del metodo nonviolento là dove applicato con rigore su piccola o larga scala. Oltre ai classici lavori dei teorici della nonviolenza Gene Sharp o di Jacques Sémelin, lo studio di scienze politiche della Columbia University condotto sulle resistenze civili e armate dal 1900 al 2000 nel mondo ha dimostrato che sono state le prime ad avere più successi, rispettivamente il 59% contro il 27% nelle lotte interne anti-regime, il 41% contro il 10% in quelle contro l’occupazione di un paese o per l’autodeterminazione, e ancora il metodo nonviolento detiene il monopolio dei successi nell’affermazione delle lotte contro l’apartheid e per i diritti civili (mentre nelle campagne per la secessione di un territorio la scelta nonviolenta conta zero vittorie e quella violenta l’esile percentuale del 10%). Dunque, la nonviolenza, quando applicata seriamente, e per fini di democrazia, giustizia e libertà, funziona.

Alexander Langer, il profeta/politico della nonviolenza europea aveva un programma preciso: «I movimenti per la pace devono sforzarsi di essere sempre meno costretti ad improvvisare per reagire a singole emergenze, ed attrezzarsi invece a sviluppare idee e proposte forti, capaci di aiutare anche la prevenzione, non solo la cura di crisi e conflitti», con tanto realismo politico che lo portava a riconoscere che anche la nonviolenza può fallire e nessuno si dovrebbe vergognare ad ammetterlo: «Un fallimento di un’azione di pace lascia però meno macerie di un riuscito intervento militare».

Tagliare le spese militari, finanziare politiche di pace

22 mercoledì Dic 2021

Posted by maovalpiana in Uncategorized

≈ Lascia un commento

Tag

Costituzione, Gandhi, Gorbaciov, Mohandas K. Gandhi, Nobel, ONU, Papa Francesco, Reagan, Rete Pace e Disarmo, Sbilanciamoci!, Un'altra difesa è possibile

L’appello dei Nobel, le parole del Papa, le Campagne per il disarmo

di Mao Valpiana *

L’appello di 50 premi Nobel e accademici “Una semplice concreta proposta per l’umanità”, ha un grande merito: quello di aver posto al centro dell’agenda politica globale la necessità della riduzione delle spese militari. L’obiettivo è ragionevole e possibile: un negoziato comune tra tutti gli Stati membri dell’ONU per ridurre del 2% ogni anno, per 5 anni, le spese belliche di ciascun paese, liberando così un “dividendo di pace” di 1000 miliardi di dollari entro il 2030.

Questa proposta si va ad aggiungere e rafforza altre proposte avanzate negli anni nella stessa direzione: Papa Francesco ha scritto nell’Enciclica Fratelli tutti: “E con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri”. E in occasione della Giornata mondiale della Pace del 1° gennaio 2022, Papa Francesco ribadisce: “È dunque opportuno e urgente che quanti hanno responsabilità di governo elaborino politiche economiche che prevedano un’inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici nell’educazione e i fondi destinati agli armamenti. D’altronde, il perseguimento di un reale processo di disarmo internazionale non può che arrecare grandi benefici allo sviluppo di popoli e nazioni, liberando risorse finanziarie da impiegare in maniera più appropriata per la salute, la scuola, le infrastrutture, la cura del territorio”.

La Campagna mondiale GCOMS (Global Campaign on Military Spending – campagna internazionale sulla spesa militare), promossa dall’International Peace Bureau (IPB, Premio Nobel per la Pace 1910) si pone come finalità principale la richiesta urgente di uno spostamento di fondi (almeno il 10% annuo) dai bilanci militari verso la lotta contro la pandemia da Covid-19 e il rimedio alle crisi sociali e ambientali che colpiscono vaste aree del mondo.

Dunque, la direzione da intraprendere è condivisa, ma qual è la strategia efficace per raggiungere l’obiettivo? I premi Nobel propongono un approccio multilaterale, negoziati razionali per una riduzione comune e concomitante che mantenga l’equilibrio e la deterrenza; il beneficio di questa cooperazione deriva da un fondo globale utilizzato per affrontare i problemi comuni (riscaldamento climatico, pandemia, povertà) e da una parte di risorse lasciate a disposizione dei singoli governi per reindirizzare la ricerca militare verso applicazioni pacifiche. È una strada realistica? C’è davvero la volontà politica di tutte le nazioni di scegliere il disarmo controllato e bilanciato? La storia degli accordi bilaterali di disarmo INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) e START (Strategic arms reduction treaty) tra USA e URSS, negli anni ‘80, per il ritiro delle armi nucleari strategiche, dimostra che la strada del disarmo è possibile, praticabile e può dare risultati. Dopo le delusioni per i continui rinvii e fallimenti degli accordi SALT (Strategic Arms Limitation Talks) degli anni ‘70, il rapporto cambiò per la disponibilità al dialogo tra Reagan e Gorbaciov, ma furono i passi unilaterali di Gorbaciov ad imporre un clima di fiducia e dunque la fine della guerra fredda: Gorbaciov annunciò una moratoria unilaterale sui test di armi nucleari ed il 1° gennaio 1986 avanzò una proposta per la messa al bando di tutte le armi nucleari entro il 2000; nel dicembre 1988 fu ancora Gorbaciov ad annunciare alle Nazioni Unite un ritiro unilaterale di 50.000 soldati dall’Europa orientale e la smobilitazione di 500.000 truppe sovietiche. Nel 1990 Gorbaciov ricevette il premio Nobel per la Pace “per il suo ruolo di primo piano nel processo di pace”. Ci vuole sempre chi inizia facendo il primo passo.

Gandhi diceva che la dottrina della nonviolenza resta valida anche tra Stati e Stati: “prima del disarmo generale qualche nazione dovrà iniziare a disarmarsi; il grado della nonviolenza in quella nazione si sarà elevato così in alto da ispirare il rispetto di tutte le altre”.

Proprio per rafforzare e iniziare a praticare l’appello dei Nobel, del Papa, e delle Campagne disarmiste sostenute dall’opinione pubblica, ci vuole chi fa un primo passo, che sarà seguito da passi altrui. L’Italia può dare un esempio virtuoso, senza mettere in discussione la sua politica di difesa e sicurezza garantita dall’articolo 52 della Costituzione, ma ottemperando al dettame di ripudio della guerra dell’articolo 11: applicare una “moratoria” sulle spese aggiuntive dei programmi per nuovi sistemi d’arma, un taglio di 5/6 miliardi da spostare subito su capitoli di spesa per politiche di pace e cooperazione. È quello che chiedono Rete Pace e Disarmo con Sbilanciamoci!, e che da anni sostiene la Campagna “Un’altra difesa è possibile” per il riconoscimento della Difesa civile non armata e nonviolenta (protezione civile, servizio civile, corpi civili di pace) da finanziare con fondi sottratti alle armi. Una proposta di Legge che istituisce il Dipartimento della Difesa civile non armata e nonviolenta è depositata in Parlamento; la sua discussione e approvazione in questa legislatura rappresenterebbe, insieme all’attuazione della moratoria per le spese di nuovi sistemi d’arma, quel “primo passo” nella giusta direzione della nostra nazione, che così potrebbe presentarsi al tavolo dell’Onu per sostenere con autorevolezza la “semplice concreta proposta per l’umanità” presentata dai premi Nobel.

Non c’è tempo da perdere. Bisogna fare presto a disarmare la guerra e finanziare la pace.

* Presidente nazionale del Movimento Nonviolento

Verona, 21 dicembre 2021

Sul caso Riace, dei mezzi e dei fini

05 martedì Ott 2021

Posted by maovalpiana in Uncategorized

≈ Lascia un commento

Tag

Danilo Dolci, don Lorenzo Milani, Gandhi, Mezzi e fini, Mimmo Lucano, Riace

La condanna di Mimmo Lucano pone molte questioni, chiama in gioco principi di legalità e umanità; ma per gli amici della nonviolenza c’è una domanda, diretta e immediata, alla quale bisogna rispondere: il fine giustifica i mezzi? o i mezzi sono tanto importanti quanto il fine? Abbiamo imparato, leggendo Gandhi, che i mezzi contano anche più del fine, perché sono i mezzi scelti che determinano la qualità del fine perseguito. Si può derogare utilizzando mezzi corrotti a fin di bene? Nel caso di Riace siamo di fronte ad atti illegali o a una forma di disobbedienza civile?

Basito, come tanti, dalla pesantezza della condanna a 13 anni e 2 mesi, emessa dal Tribunale di Locri nei confronti dell’ex Sindaco Mimmo Lucano e altri, ho cercato di capire meglio andando direttamente alla fonte. Ho letto le carte del processo, le 129 pagine dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari con i capi di imputazione, ho ascoltato le ragioni del Procuratore, del Pubblico Ministero, della Difesa.

Leggerò anche le motivazioni della sentenza, quando saranno pubblicate, per capire perché siano state raddoppiate le condanne chieste dall’accusa e perché non siano state applicate nemmeno le attenuanti generiche. Poi ci sarà l’appello e infine la Cassazione. Fino alla sentenza definitiva a Lucano va riconosciuta la presunzione di innocenza. Le sentenze si rispettano ma si possono discutere, e non è difficile pensare che in questa sentenza ci sia stato accanimento, forse una vendetta, un regolamento di conti in atto, un voler penalizzare il diritto al soccorso che costituisce il fondamento stesso dei diritti universali della persona.

Tuttavia bisogna attenersi ai fatti processuali. E i fatti emersi sono pesanti.

I reati contestati vanno dall’abuso d’ufficio alla truffa, dalla concussione al peculato, dalla turbativa d’asta alla falsità ideologica, fino ai delitti contro la pubblica amministrazione e il patrimonio e alla truffa aggravata a danno dell’Unione europea; il tutto con l’aggravante dell’associazione a delinquere.

Il Tribunale ha riconosciuto una lunga serie di irregolarità per piegare l’afflusso di fondi pubblici ai progetti di accoglienza a Riace, indebite rendicontazioni SPRAR (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), CAS (centri di accoglienza straordinaria) e MSNA (minori stranieri non accompagnati), tramite associazioni e cooperative appositamente costituite, a volte anche in totale assenza di documentazione attestante i costi sostenuti, false fatturazioni, false prestazioni lavorative.

Per gli anni dal 2014 al 2017 il Tribunale ha calcolato un danno patrimoniale per lo Stato di oltre 10 milioni di euro.

La stessa difesa di Lucano ha ammesso che sono stati fatti errori di carattere amministrativo, ma che eventualmente riguardano il Tar o la Corte dei conti e non hanno rilevanza penale.

Se ci troviamo di fronte a reati penali o illeciti amministrativi, lo stabiliranno i prossimi gradi del giudizio, così come se si tratta di errori o di truffe. La buona fede non si nega a nessuno, ma i fatti vanno accertati.

Non spetta a me giudicare i singoli comportamenti. I protagonisti della vicenda sanno in coscienza come e perché hanno agito così, e i giudici accerteranno le responsabilità personali.

Le domande che qui mi pongo sono:

– per realizzare un fine buono (il sistema di accoglienza a Riace), è lecito agire in modo fraudolento (falsificare la documentazione)?

– dichiarare il falso per ottenere i fondi necessari ad un buon progetto, è una forma di disobbedienza civile?

La disobbedienza civile è tale se dichiarata apertamente, se c’è un’assunzione di responsabilità, e se ha un progetto di miglioramento della legge violata.

Nei dibattiti di questi giorni sono stati fatti paragoni con don Lorenzo Milani o Danilo Dolci.

A me pare in modo improprio. Don Milani fu processato per un reato d’opinione: aveva semplicemente espresso la sua verità sull’obiezione di coscienza. Accettò il processo, si difese da solo con la sua lettera ai Giudici “L’obbedienza non è più un virtù” e non volle nessuna manifestazione di solidarietà né prima né dopo il processo. Alla fine fu assolto.

Danilo Dolci, con lo sciopero alla rovescia, occupò le terre alla luce del sole, in difesa dell’articolo 4 della Costituzione, per dare lavoro ai contadini. Fu condannato a 50 giorni che scontò in carcere.

Il caso di Lucano mi pare francamente diverso. È un Sindaco che non ha intascato per se stesso nemmeno un euro, ma ha firmato delibere, bilanci, rendicontazioni non corrispondenti al vero per ottenere le risorse necessarie a mantenere in vita un progetto sempre più costoso.

Non voglio, qui, aprire la discussione sul vasto tema della legislazione italiana su immigrazione e accoglienza, che certamente è inadeguata, arretrata e va modificata. Così come non voglio discutere del modello messo in piedi a Riace, che certamente ha rappresentato un’eccellenza e ha dimostrato le grandi potenzialità di una politica dell’accoglienza e dell’inclusione.

Quello di cui è necessario discutere è la necessaria coerenza tra mezzi (progetti di inclusione sociale) e fini (riconoscere i diritti di tutti). L’aspetto politico del processo di Locri chiama in causa le contraddizioni delle politiche migratorie e umanitarie, tra responsabilità e solidarietà. In questo senso siamo tutti coinvolti.

“Fare bene il bene” è un monito saggio. C’è un solo dovere che va applicato sempre “senza se e senza ma”, ed è quello di salvare vite umane; per tutto il resto è sempre meglio porsi “tanti se e tanti ma”, anche sui metodi della nonviolenza, soprattutto quando c’è di mezzo il bene comune.

Mao Valpiana

P.S. 1 – Tra i tanti articoli usciti dopo la condanna, uno su tutti vale la pena di essere letto, pubblicato su Vita.it con il titolo “Riace, dalla narrazione degli eroi alla responsabilità collettiva” di Massimo Iiritano

http://www.vita.it/it/article/2021/09/30/riace-dalla-narrazione-degli-eroi-alla-responsabilita-collettiva/160587/?fbclid=IwAR2dMxxfB2JSfCBhSYyYWySGWoe98CoF80z4VYJhLgWAm9dPwoTwAwI__gA

P.S. 2 – Tra le tante raccolte di firme, appelli, dichiarazioni, manifestazioni che sono state organizzate in questi giorni, una che mi pare utile e concreta è la raccolta fondi lanciata da Eugenio Mazzarella su Avvenire.it

“… una cosa però possiamo fare: aiutare Mimmo Lucano a sostenerne il fardello, la croce morale che gli è stata inflitta, dal lato pratico della aggiuntiva sanzione economica della restituzione dei cinquecentomila euro di fondi europei che, a dire della sentenza, sarebbero stati impiegati in modo improprio o francamente illegittimo. Lanciamo per questo un appello a una raccolta di fondi per mettere in condizione Mimmo Lucano di sostenere il peso economico abnorme di questa sanzione”.

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/lucano-dolci-e-calamandrei-un-appello-inizia-a-crescere

2 ottobre, buon compleanno Gandhi

02 sabato Ott 2021

Posted by maovalpiana in Uncategorized

≈ Lascia un commento

Tag

Gandhi, Giornata internazionale, Mahatma, nonviolenza, ONU

“Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo. La verità e la nonviolenza sono antiche come le montagne”. Eppure Gandhi è considerato, giustamente, il padre della nonviolenza moderna perché ne ha fatto un metodo di lotta politica contro le ingiustizie, per la libertà, la pace.

L’Assemblea generale dell’ONU ha indetto la Giornata Internazionale della Nonviolenza nel giorno della nascita di Mohandas K. Gandhi, chiamato il Mahatma, la grande anima. Se da un lato questa ricorrenza ha contribuito alla divulgazione del messaggio della nonviolenza “anche attraverso l’informazione e la consapevolezza pubblica”, dall’altro si corre il rischio – ogni anno di più – della vuota commemorazione, della ritualità ineffettiva, per dirla con una parola, della retorica.

Per le amiche e gli amici della nonviolenza è un giorno di festa, ma soprattutto di riflessione, autocritica, a partire dall’eredità politica e spirituale di Gandhi, eredità che si misura nella stretta connessione tra ideali della nonviolenza, sperimentazione delle tecniche e programma costruttivo. Nessuno di questi aspetti può essere vissuto autenticamente – è l’insegnamento del Mahatma – senza gli altri.

E allora: come stiamo contribuendo oggi al programma della nonviolenza, allo sviluppo sempre creativo della sua teoria e prassi? Se è vero che la nonviolenza è insieme “antica come le colline” e “novità rivoluzionaria” sta a noi andare avanti, scegliere quali direzioni prendere per la trasformazione nonviolenta della nostra società.

“Il mio campo è l’azione, e io faccio ciò che comprendo essere il mio dovere, in accordo con le mie possibilità e ciò che sopraggiunge lungo la mia strada”. Ciò che ci è venuto incontro in questi ultimi anni (la crisi climatica, l’impennata del riarmo internazionale, la pandemia) ci impone di allargare il campo d’azione e moltiplicare le possibilità di agire concretamente con la nonviolenza.

Per noi la nostra Festa del 2 ottobre è la valorizzazione e il rilancio dell’impegno quotidiano dei nostri gruppi territoriali, della rivista Azione nonviolenta, della promozione del Servizio Civile Universale, del nostro approfondimento dei temi della memoria e dell’ecologia. Se queste tante iniziative trovano un collante internazionale nella nostra partecipazione attiva alla War Resisters International (l’Internazionale dei resistenti alla guerra), di cui quest’anno ricorre il Centenario, in Italia trovano forza nella Rete italiana Pace e Disarmo.

È questa oggi la Rete più ampia e matura delle associazioni pacifiste, disarmiste, nonviolente, ambientaliste, culturali, sindacali e del volontariato, che ha raccolto l’eredità gandhiana della nonviolenza politica organizzata e quella capitiniana della Consulta italiana per la Pace nata dopo la Marcia Perugia-Assisi del 1961, promuovendo un programma costruttivo le cui gambe sono Campagne con obiettivi al passo coi tempi, concreti e precisi: l’istituzione della Difesa civile non armata e nonviolenta, la riduzione delle spese militari, il blocco all’export di armamenti verso Paesi in conflitto e che violano i diritti umani, la ratifica italiana del Trattato di messa al bando delle armi nucleari, il finanziamento degli interventi civili di pace presenti nei paesi in conflitto.

Se si ha chiaro che queste campagne e obiettivi sono il punto di arrivo comune, slogan e iniziative generiche lasciano il posto alla forza del pensiero e della pratica della nonviolenza attiva. Ci pare questa la modalità persuasa di celebrare la Giornata internazionale della nonviolenza. È questa la nostra “marcia collettiva”, non di un solo giorno, ma dei giorni che verranno, per un futuro di pace e disarmo per tutti.

← Vecchi Post

Articoli recenti

  • 50 anni di Obiezione di coscienza
  • Manifestare per la pace: dove, quando, come. Perché oggi non andrò al sit-in contro Mosca
  • Quale manifestazione nazionale per la pace?
  • Cambiano i governi ma le spese militari aumentano sempre. Sabato in piazza per la pace
  • Il metodo nonviolento funziona. Lo dice la storia

#!/MaoValpiana

  • Il Presidente Senato @Ignazio_LaRussa propone #naja di 40 giorni e incentivi per i volontari. Aspetto benefit anche… twitter.com/i/web/status/1… 3 months ago
  • #berlusconi #putin Uno che regala Lambrusco mentre potrebbe permettersi Amarone, va radiato da ogni comunità umana.… twitter.com/i/web/status/1… 5 months ago
  • RT @UnPontePer: Sono ben 235 le esperienze di #resistenza civile con cui il popolo d'#Ucraina ha fronteggiato l'invasione russa. Le ha rac… 5 months ago
  • #Nonviolenza #AldoCapitini @movnonviolento @aznonviolenta Nell'anniversario della morte del Filosofo della Nonviol… twitter.com/i/web/status/1… 5 months ago
  • RT @DanieleTaurino: Un ottimo articolo del presidente d @movnonviolento @MaoValpiana 5 months ago
Follow @MaoValpiana

Archivi

  • dicembre 2022
  • ottobre 2022
  • luglio 2022
  • aprile 2022
  • marzo 2022
  • dicembre 2021
  • ottobre 2021
  • settembre 2021
  • Maggio 2021
  • marzo 2021
  • febbraio 2021
  • dicembre 2020
  • novembre 2020
  • ottobre 2020
  • luglio 2020
  • giugno 2020
  • Maggio 2020
  • novembre 2019
  • settembre 2019
  • luglio 2019
  • giugno 2019
  • aprile 2019
  • marzo 2019
  • novembre 2018
  • agosto 2018
  • luglio 2018
  • giugno 2018
  • aprile 2018
  • marzo 2018
  • febbraio 2018
  • dicembre 2017
  • novembre 2017
  • ottobre 2017
  • settembre 2017
  • giugno 2017
  • Maggio 2017
  • marzo 2017
  • gennaio 2017
  • dicembre 2016
  • aprile 2016
  • marzo 2016
  • febbraio 2016
  • dicembre 2015
  • novembre 2015
  • ottobre 2015
  • luglio 2015
  • giugno 2015
  • aprile 2015
  • gennaio 2015
  • dicembre 2014
  • novembre 2014
  • ottobre 2014
  • giugno 2014
  • aprile 2014
  • marzo 2014
  • febbraio 2014
  • dicembre 2013
  • ottobre 2013
  • settembre 2013
  • agosto 2013
  • giugno 2013
  • Maggio 2013
  • aprile 2013
  • marzo 2013
  • febbraio 2013
  • gennaio 2013
  • luglio 2012
  • Maggio 2012
  • aprile 2012
  • marzo 2012
  • febbraio 2012
  • gennaio 2012
  • novembre 2011
  • ottobre 2011
  • settembre 2011
  • agosto 2011
  • luglio 2011
  • giugno 2011
  • aprile 2011
  • marzo 2011
  • febbraio 2011
  • gennaio 2011
  • dicembre 2010
  • novembre 2010
  • ottobre 2010
  • settembre 2010
  • agosto 2010
  • luglio 2010
  • giugno 2010
  • Maggio 2010
  • aprile 2010
  • marzo 2010
  • febbraio 2010
  • gennaio 2010
  • dicembre 2009
  • novembre 2009
  • ottobre 2009
  • settembre 2009
  • agosto 2009
  • luglio 2009
  • giugno 2009
  • Maggio 2009
  • marzo 2009
  • febbraio 2009
  • gennaio 2009
  • dicembre 2008
  • settembre 2008
  • agosto 2008
  • luglio 2008
  • giugno 2008
  • Maggio 2008
  • marzo 2008
  • febbraio 2008
  • gennaio 2008
  • dicembre 2007

Categorie

  • Beatles
  • Berlusconi
  • Europa Verde
  • Israele Palestina
  • Nonviolenza
  • Ricorrenze
  • Salviamo piazza Corrubbio
  • Uncategorized

Blogroll

  • Mao Valpiana su Wikipedia
  • Movimento nonviolento

Blog su WordPress.com.

Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie
  • Segui Siti che segui
    • Mao Valpiana Blog
    • Segui assieme ad altri 49 follower
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • Mao Valpiana Blog
    • Personalizza
    • Segui Siti che segui
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza il sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra