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Le truppe del Generale

02 martedì Mar 2021

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Curcio, Esercito, Figliuolo, governo, nonviolenza, Pandemia, Protezione Civile, Un'altra difesa è possibile

Non ho niente contro il signor Francesco Paolo Figliuolo. Anzi, sono sicuro che sia una brava persona, preparata, competente. Non ho niente nemmeno contro i generali in quanto tali. Ve ne sono sicuramente tanti di eccellenti e capaci. Da antimilitarista e nonviolento non ce l’ho con i militari. Ce l’ho con il militarismo. Ed è questo che mi preoccupa nella scelta del generale Figliuolo come commissario straordinario all’emergenza Covid. Egli viene scelto come comandante nel campo della logistica militare e per aver riorganizzato la “sanità con le stellette” con task force mobili e ospedali da campo. In buona sostanza il governo militarizza il piano vaccinale, riconoscendo alle forze armate maggior efficacia rispetto alla protezione civile, cui istituzionalmente dovrebbero essere affidati compiti primari di tutela della comunità nazionale: “previsione e prevenzione dei grandi rischi, previsione e prevenzione dei rischi naturali e antropici”.

A questo punto mi chiedo cosa paghiamo a fare la Protezione Civile, se quello che dovrebbe fare viene poi appaltato ai militari. I compiti affidati al commissario all’emergenza Covid dovrebbero essere svolti dal Dipartimento della Protezione Civile, riorganizzato proprio il primo febbraio 2021, e che da pochi giorni ha un nuovo Capo, Fabrizio Curcio.

La spiegazione è molto semplice: il Bilancio del Ministero della Difesa è di oltre 26 miliardi; il bilancio del Dipartimento della Protezione civile è di soli 6 miliardi. Con 20 miliardi in più all’anno non è difficile capire perché il sistema militare prevalga (non solo nel settore delle “armi”, sua prerogativa specifica, ma anche nelle funzioni “civili”, sua funzione secondaria).

Mi verrebbe da dire che sarebbe meglio far funzionare bene le strutture civili che già abbiamo, anziché affidarle ai militari che hanno un’altra missione. Sottotraccia c’è l’idea che la logistica affidata alla catena civile (Governo, Regioni, Comuni) non funzioni, mentre affidata al sistema militare (per definizione non democratico) sia più efficiente. Ma qui sorge un problema non da poco se a pensarlo è il presidente del consiglio … (i militari costituzionalmente sono al servizio del paese, non al comando).

Da tempo come nonviolenti chiediamo, con la nostra Campagna “Un’altra difesa è possibile”, che venga istituito e finanziato un Dipartimento per la Difesa civile non armata e nonviolenta, con fondi adeguati per coordinare tutte le politiche di difesa civile della popolazione, pandemie comprese.

Ora, forse, si capisce meglio il senso politico, l’attualità e l’urgenza della nostra proposta.

Affidare un piano di emergenza civile ad un generale dell’esercito, per gestire la sanità pubblica con la logica della sanità militare, è una visione politica mascherata da scelta tecnica. Non mi piace.

Mao Valpiana

E’ il tempo nuovo della nonviolenza

04 sabato Mag 2013

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Tag

governo, Movimento Nonviolento, Politica

È finito il tempo della speranza, della delusione, della rabbia, dell’accusa, del dileggio, dell’indignazione, della protesta, dell’abbandono, dell’indifferenza. Quel tempo è finito.

E’ l’ora della nonviolenza.

E’ il tempo di agire con la forza della verità, è il tempo del potere dell’amore, è il tempo della bellezza e della bontà, del fare cose buone e belle. E’ il tempo della compassione, del programma costruttivo, della fiducia, del rispetto, della solidarietà, è il tempo della ricerca del benessere e della felicità per tutti. E’ il tempo di prendere in mano il presente di ciascuno.

E’ questa l’ora della nonviolenza.

La nonviolenza è la tensione profonda per cambiare una società che sentiamo inadeguata, è la pietra angolare su cui costruire il futuro, è il varco attuale della storia.

E’ il tempo di essere personalmente il cambiamento che vogliamo vedere intorno a noi: lo si può fare solo insieme. Dall’io al noi, dal tu al tutti, la nonviolenza è politica.

E’ il tempo di disarmarci, per disarmare l’economia, la politica, l’esercito.

Incominciamo noi a disarmare. Disarmiamo la nostra abitudine a lanciare accuse contro gli altri. Sembra essere diventato lo sport nazionale: criticare, distruggere, trovare subito il colpevole, ridicolizzare o demonizzare l’avversario. Tutti contro tutti. Basta andare a leggere qualsiasi pagina dei social network più diffusi, da facebook e twitter, per trovare immediatamente messaggi con critiche feroci, sfoghi degli istinti più bassi che hanno l’obiettivo di addossare la responsabilità del male diffuso su qualcuno al di fuori di noi. Ormai non c’è più dibattito politico, c’è scontro e divisione. E questo scontro continuo, tra forze politiche, e all’interno delle stesse formazioni partitiche, crea la paralisi. Quella paralisi che tiene inchiodato il nostro paese, che ha bloccato le stesse istituzioni, dal parlamento alla presidenza della repubblica. Il governo delle “larghe intese” è figlio di questa cultura: per non andare a fondo tutti insieme, ci si ritrova tutti insieme sulla stessa scialuppa, in attesa di capire chi sarà il primo a cadere (o ad essere spinto) in mare.

Noi dobbiamo spezzare questa logica distruttiva. Non per un ingenuo buonismo (anche se ho sempre pensato che il buonismo sia comunque meglio del cattivismo), ma perchè sappiamo che la verità la si trova cercando di capire anche le ragioni altrui. E quindi è importante saper ascoltare e saper vedere la parte costruttiva, la parte positiva che c’è negli altri, e dunque anche negli avversari politici. Bisogna essere fermi nei principi irrinunciabili, fedeli ai valori fondanti (la sacralità della vita, la dignità di ogni persona, il rifiuto della violenza, la giustizia, la libertà, la pace), ma poi bisogna saper dialogare con tutti, trovare punti di accordo, rispettare e pretendere rispetto.

Dobbiamo riannodare etica e politica. Il degrado è iniziato quando c’è stata la separazione ed ha prevalso la pura “politica”, fredda, calcolante, strumentale, finalizzata. L’etica è stata abbandonata anche dai partiti, che dovevano essere mezzi per raggiungere il fine, strumenti utili all’obiettivo, ma sono diventati pura organizzazione, priva di contenuti, simili l’uno all’altro nei meccanismi di funzionamento: personalizzati, verticistici, affaristici. E fatalmente sono andati in crisi.

Ora tocca ricostruire la politica e le sue forme. E lo dobbiamo fare con il metodo della nonviolenza.

Quale sia questo metodo è scritto chiaramente nella Carta del Movimento Nonviolento:

l’esempio (incominciamo noi, personalmente, a fare una nuova politica, pulita);

l’educazione (educhiamo i giovani e rieduchiamo gli adulti alla passione per l’impegno pubblico);

la persuasione (forza interiore con la quale contrastare quella distruttiva della violenza);

la propaganda (diffondere l’ideale della nonviolenza per realizzarne l’organizzazione);

la protesta (avere la capacitò di dire i “no” necessari per non diventare complici);

lo sciopero (strumento essenziale per rivendicare la dignità e il diritto al lavoro);

la noncollaborazione (rifiutarsi di collaborare con il male, viene ancor prima che fare il bene);

il boicottaggio (applicare una forza morale, di rinuncia, per colpire economicamente un’ingiustizia);

la disobbedienza civile (disobbedire alla legge ingiusta, accettare la pena, per una legge migliore);

la formazione di organi di governo paralleli (nasce il nuovo potere che sostituirà quello vecchio).

Mao Valpiana

4 maggio 2013

Dopo le elezioni. Considerazioni sparse (ed una postilla)

28 giovedì Feb 2013

Posted by maovalpiana in Uncategorized

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Tag

Agenda della pace, alba, Cambiare si può, Costituzione, elezioni, F35, governo, Grillo, Ingroia, Lista Civica, M5S, nonviolenza, Radicali, spesa militare, Verdi

La politica è l’arte del compromesso e del possibile.
Traduzione: la politica (governo della città) è l’arte (attività creativa) del compromesso (accordo di mediazione) e del possibile (ciò che si può fare).
Nelle prossime settimane vedremo se e chi nel nuovo Parlamento saprà fare politica.

I RISULTATI
Il risultato elettorale ci consegna un’Italia divisa, squilibrata, ancora incerta sulla strada da intraprendere per uscire dalla crisi in cui si è messa.
Chi ha dato la fiducia al centro-sinistra, vuole un governo capace di fare le riforme; chi ha dato la fiducia al centro-destra, vuole la continuità con i decenni trascorsi; chi ha votato per il Movimento 5 stelle, vuole liberarsi dei predecessori (tutti a casa).
Difficile trovare una maggioranza. E questo è certamente un danno per il paese, che ha problemi così  enormi che avrebbero bisogno di un governo autorevole, sostenuto dalla fiducia degli italiani.
Non so se si riuscirà a formare un governo, con chi, quanto durerà, se saprà fare le riforme necessarie, tra quanto torneremo a nuove elezioni. Fare l’indovino non è il mio mestiere (e comunque non dimentichiamo che in passato abbiamo avuto un presidente del Consiglio come Berlusconi, e ministri come Bossi e Calderoli: difficile cadere più in basso).
Quello che mi interessa è capire i fatti, e cosa posso fare io (noi) per far andare meglio le cose.
E’ evidente che il dato forte emerso dalla urne è la volontà di un cambiamento. Lo dice anche la grande mobilità elettorale che gli elettori hanno dimostrato di avere. Non è la prima volta che viene espressa, pur in forme diverse, una necessità di discontinuità con il passato, una forte contestazione e la voglia di novità nel Parlamento: è già accaduto nel 1976 con il Partito Radicale, nel 1987 con la Lega e i Verdi, nel 1994 con Forza Italia.
L’involuzione di quelle novità è nota a tutti…. e non è escluso che la storia si ripeta..

IL M5S
Oggi la novità è il Movimento 5 Stelle, che ha luci e ombre.
Le luci sono rappresentate da alcuni punti programmatici assolutamente condivisibili, dall’aver incanalato la protesta in un alveo democratico, aperto la partecipazione a tanti giovani. Le ombre sono la guida monarchica e centralizzata del movimento, l’assenza di confronto reale, la demonizzazione degli avversari.
Grillo (padre/padrone) resta un attore, recita una parte del copione (scritto da Casaleggio Associati s.r.l.), ma non vuole assumersi responsabilità politica.
D’altra parte l’aveva già annunciato lui stesso con la campagna elettorale (fatta nelle piazze, e anche questo è stato un segno positivo) chiamata significativamente Tsunami tour. Cos’è lo tsunami? L’onda arriva, travolge e sommerge tutto, ma poi si ritira e lascia solo fango e macerie. Ci vuole qualcuno che dopo lo tsunami si rimbocchi le maniche per togliere i detriti, ripulire e poi poter ricostruire. Chi lo farà questo lavoro?
Se il M5S mantiene la linea di “non alleanza” rischia di diventare un contenitore che tiene congelati i voti. Probabilmente è una strategia voluta, per costringere le altre coalizioni a trovare accordi sulle riforme, e quindi accusarle di inciuci e vecchia politica, per proseguire la raccolta di voti anche alle prossime elezioni… questo è un gioco che bada al tornaconto del Movimento e non al bene comune del paese.
Ma ciò potrebbe non accadere, se gli eletti del M5S agissero come la Costituzione prevede. I deputati sono eletti senza vincolo di mandato. Quindi ognuno di loro ha il dovere di votare secondo coscienza, e di rispondere solo al corpo elettorale. C’è da sperare che tra i “grillini” ce ne siano tanti che non si considerano tali, ma semplicemente deputati della Repubblica italiana, decisi a votare in Aula per il bene di tutti, non seguendo le indicazioni del capo-partito.
Questa sarebbe davvero una grande novità. Vedremo.

RIVOLUZIONE CIVILE
Un altro dato uscito dalle urne è il fallimento totale (senza possibilità d’appello) della Rivoluzione civile di Ingroia. Il magistrato impolitico, che ha dato la colpa del proprio flop al Pd e ai giornalisti, era la foglia di fico che copriva 4 partitini, fingendo di essere il leader di una sedicente società civile che evidentemente rappresentava solo se stessa. Gli elettori hanno bocciato il brutto simbolo dietro al quale non c’era progetto politico. Dopo il disastro della Sinistra Arcobaleno del 2008, gli stessi protagonisti, recidivi, ci hanno riprovato, ma ormai non hanno più consenso. E’ un bene perchè così non si perpetua l’equivoco, e il percorso avviato da Cambiare si può, Alba, Lista Civica e tanti altri soggetti rimasti fuori da questa competizione elettorale, potrà proseguire tenendo aperto un laboratorio politico senza ambiguità.

UNA POSTILLA
Lo scenario politico che abbiamo davanti a noi è quindi in grande movimento. Ci sono molti rischi, ma vi possono essere anche nuove opportunità. Dobbiamo saperle cogliere.
Per un possibile “buon governo” dell’oggi, la Rete Italiana per il Disarmo e il Tavolo Interventi Civili di Pace hanno proposto alle forze politiche un’Agenda della Pace e del Disarmo ( http://www.disarmo.org/rete/a/37647.html ). E’ un vero e proprio programma di governo, realizzabile, che fa risparmiare denaro pubblico e genera nuove risorse. Dobbiamo lavorare per mantenere l’attenzione su questa Agenda e costringere il nuovo Parlamento a confrontarsi sulle singole proposte. L’abolizione del programma F35 e la riduzione drastica della spesa militare sono due priorità assolute (che fanno concretamente bene al paese), molto più di generiche e demagogiche campagne “contro la casta” (spero comunque che i grillini la smettano con il brutto slogan “tutti a casa”, perchè ora anche loro fanno parte delle istituzioni. I partiti hanno presentato le liste, gli elettori hanno votato e gli eletti sono tutti uguali. Non si capisce perchè quelli del M5S sarebbero “la gente” e gli altri “i politici”. Sono tutti cittadini candidati ed eletti, né più né meno come prevedono le regole democratiche).

Questa è la nostra aggiunta nonviolenta alla realtà politica odierna.
Ma è evidente che c’è bisogno di più. Che la situazione politica italiana è bloccata da troppo tempo, che le vecchie proposte non hanno più fiato e il nuovo è emerso come forza distruttiva del vecchio ma non ancora costruttiva del futuro. C’è bisogno di nonviolenza (forza della verità – potere di tutti) anche nel mondo politico.
In queste elezioni i singoli amici della nonviolenza hanno fatto la propria personale scelta politica (chi Sel, chi il M5S, chi il Pd, chi i Radicali di Amnistia-Giustizia-Libertà, chi Riv. Civ. o altre sigle ancora…), come voto di appartenenza, o voto strategico…
Per il futuro, invece, è necessario proseguire il percorso per trovare una dimensione politica della nonviolenza (oggi non presente nello scenario). E’ bene, quindi, che ora si apra una fase nuova, innanzitutto di confronto, per immaginare un’opzione politica nonviolenta comune.
La situazione è difficile, può peggiorare ancora. Ma poi ci sarà sicuramente bisogno di qualcosa di forte, nuovo, positivo, coraggioso, per ricostruire su nuove fondamenta la politica. La nonviolenza può essere “la pietra che i costruttori hanno scartato” e che poi è diventata “la pietra angolare” (Matteo 21, 42).

Fino ad oggi abbiamo votato per “il meno peggio“, può essere che la prossima volta riusciremo a votare per “il più meglio”…
Discutiamone.

Mao Valpiana

Verona, 28 febbraio 2013

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